24 dicembre ....

Siamo nella Venezia occupata dagli austriaci, il clima è astio e il veneziano in genere non vuole aver particolari rapporti con gli invasori. Ma al cuore non si comanda è così che una giovane donna veneziana e un giovane ufficiale austriaco si innamorano follemente l’una dell’altro. La storia non è ovviamente ben vista e la ragazza viene allontanata dalla propria famiglia. Quanto al giovane austriaco, beh… viene trovato pugnalato qualche mattina più tardi senza che nessuno riesca a risalire all’assassino o al mandante. La notizia giunge alla ragazza che sconvolta rifiuta cibo e acqua deperendo velocemente e mettendo così in pericolo la propria vita. E’ lì che un vecchio amico di famiglia propone alla giovane una curiosa cura alla sua agonia prospettandole la possibilità di rivedere il suo amato rivolgendosi ad una maga che aveva la facoltà di mediare demoni e diavoli. La ragazza si aggrappa a questo barlume di speranza e si rivolge alla maga, la quale invoca uno di quei demoni che sotto la lingua tiene riposte tre chiavi d’oro che spalancano le porte del tempo e dello spazio. Il contratto viene presto stipulato: la maga imprigionerà per il demone sette anime di bambini cristiani, morti prima del battesimo. Il luogo dell’incontro è il ponte di Torcello la mezzanotte del 24 dicembre. Trascorsi pochi mesi arriva la notte fatidica: la giovane veneziana e la maga si fanno accompagnare in gondola sul luogo stabilito. La fattucchiera intima la ragazza di rimanere in silenzio ai piedi del ponte ed evoca un demone nero e gigantesco che ora le si staglia davanti. Questi, senza dir nulla, toglie una chiave da sotto la lingua e la porge alla vecchia: questa la lancia nell’acqua e per magia dall’altra parte della sponda si viene a stagliare la figura del giovane ufficiale austriaco. Seguendo le istruzioni la giovane attraversa il ponte, passa tra il demone e la strega, e raggiunge l’amato scomparendo con lui in tempi e luoghi dove hanno trovato quella felicità a loro negata sulla terra. La maga e il demone, invece, si danno appuntamento da lì a sette notti, quando la vecchia consegnerà allo spirito le anime promesse. Ma la donna qualche giorno dopo muore preparando una pozione. Dopo il mancato appuntamento, il demone continua per molti anni, a mezzanotte del 24 dicembre, ad aspettare la maga sulla sommità del ponte. Ancora oggi, la notte di Natale, può capitare di vedere un gatto nero aspettare paziente sopra il ponte di Torcello, che da allora si chiama Ponte del Diavolo. E’ il demone, che aspetta la maga e le sue preziose anime.


24 dicembre 1777

Muore Bartolomeo Ferracina, fedele alla modestia delle origini, rifiutò sempre gli inviti da altri Stati, desiderando morire nella terra natìa. Bartolomeo Ferracina nacque a Solagna il 18 agosto 1692 e fu l’ultimo nato dei sette fratelli della sua famiglia. Il suo paese di nascita si trova nella Valbrenta, terra dove scorre il fiume Brenta e a ridosso delle creste di San Giorgio dalle quali si può raggiungere a piedi Campo Solagna, località del Massiccio del Monte Grappa. In quegli anni Solagna non era comune ma apparteneva al comune di Bassano del Grappa. I lavori che qui si svolgevano erano quello del mugnaio, dell’allevatore e di artigiano in genere. La famiglia di Bartolomeo era dedita all’allevamento. Il Ferracina aveva un’intelligenza molto acuta ed era dotato di un grande ingegno meccanico. Il primo ad accorgersene fu l’arciprete del suo paese, don Francesco Reato che lo indirizzò al lavoro del ferro e gli diede l’istruzione di base. In ogni storia c’è sempre un inizio fortuito e così fu anche per il Ferracina. A Bassano del Grappa viveva il nobiluomo Giambattista Rezzonico, il quale conosceva l’arciprete di Solagna. Il Rezzonico nella sua villa aveva un orologio che si era guastato e pur avendo chiamato tutti i migliori orologiai dell’epoca nessuno era riuscito a ripararlo. L’arciprete gli suggerì allora il Ferracina. Appena il Ferracina vide l’orologio capì subito che l’orologio era un Quare di Londra e del quale, per sua fortuna, conosceva ogni minimo particolare. In un brevissimo lasso di tempo lo aggiustò guadagnandosi fama e notorietà che si estesero fino alla Serenissima Repubblica. Un nobile veneziano, anch’esso residente per parecchio tempo all’anno a Bassano del Grappa, Paolo Antonio Belegno, notò la grande sua grande capacità e maestria nel lavoro al punto da volerlo con sé per commissionarli particolari opere e la riparazione di orologi. Altri personaggi illustri come un professore dell’Università di Padova, il marchese Giovanni Poleni, facilitarono al Ferracina la strada della notorietà nella costruzione oltre che di orologi anche di opere di idraulica. Nella sua bottega di Solagna il Ferracina costruì molti orologi dalle forme più svariate, sia di uso pubblico che privato. In alcuni vi inserì le fasi lunari, in altri lo zodiaco. L’orologio della Torre di Vicenza è una sua costruzione (1741). L’orologio della Loggia del Comune di Bassano del Grappa venne da lui risistemato nel 1747, dopo l’approvazione dell’allora amministrazione comunale con un sistema a due registri per battere e ribattere le ore. Molti altri furono gli orologi costruiti e ristrutturati dal Ferracina. Si devono ricordare quello di Padova e quello della Torre di Venezia in Piazza San Marco. In questo egli, tramite due grossi martelli impostò il suono del mezzogiorno e della mezzanotte. Sostituì ai numeri romani le cifre arabiche, rinnovò i meccanismi del precedente orologiaio Ranieri per quanto riguardava lo zodiaco, il sole e le fasi lunari. Ripristinò il moto dei Re Magi che si inginocchiavano davanti alla Vergine Maria. Questo fu nel 1759. Muore il 24 dicembre 1777 nella sua Solagna. Fedele alla modestia delle origini, rifiutò sempre gli inviti da altri Stati, desiderando morire nella terra natìa. Mentre la sua fama oramai di grande raggio lo avrebbe immortalato nella storia.