13 dicembre 1815

Napoleone mise i cavalli di San Marco a cavalcioni sull’arco di trionfo al Carrousel di Parigi, lì issati dopo un periodo di purgatorio a terra. Erano stati usati come ornamento di pilastri della cancellata che chiudeva le Tuileries. Tale collocazione infelice fu sottolineata nel carteggio fra Johann Friedrich Reichardt e Arthur Laquiante: “Nel centro della cancellata che divide la Corte delle Tuileries da quella del Louvre, i cavalli di bronzo, che decoravano la piazza di San Marco, fanno una ben meschina figura fra i sostegni in ferro di quattro lampioni; separati a due a due, sebbene sia evidente che in origine corrispondevano ad una quadriga, fiancheggiano l’entrata principale dei cancelli decorati con galli in bronzo dorato, che si direbbe attendano di subire la metamorfosi in aquile”. Cosa che fra l’altro puntualmente avvenne, con l’adozione dell’aquila come simbolo imperiale. Non erano solo i galli ad attendere una metamorfosi. Anche i Cavalli di San Marco aspettavano di mutare la loro condizione, ritrovando il loro status simbolico. La campagna vittoriosa di Napoleone del 1805 dette argomento per erigere un monumento adatto a celebrarla. Fu scelto l’arco di trionfo, sormontato dai quattro cavalli. Gli architetti Percier e Fontaine si ispirarono all’arco di Settimio Severo e, appunto, alle proporzioni della quadriga veneziana. Sembrava avverarsi il motto della bandiera che guidava il corteo dei trofei quando arrivarono a Parigi: “La Grèce les céda, Rome les a perdu: leur sort changes deux fois, il ne changera plus”. Caduto Napoleone, gli austriaci riportano i cavalli a Venezia Sic transit gloria mundi, e così passò la gloria di Napoleone. Già dopo la battaglia di Lipsia e l’abdicazione del principe corso, si era avviata la rivendicazione delle opere d’arte di cui l’Europa intera era stata spogliata. Dopo Waterloo diventa impossibile per la Francia trattenere le opere sottratte: tutti sono in fila, anche l’Italia divisa. Venezia partecipa con il proprio padrino austriaco e la passione di Antonio Canova. Il 25 settembre 1815 il principe Schwarzemberg, incaricato del ritiro degli oggetti proveniente da Parma, Piacenza, Firenze e Venezia, si presenta al direttore del museo del Louvre. Notifica l’ordine di “faire descendre les chevaux en bronze qui couronnent l’arc de triomphe du Carrousel”. Il direttore è restio, cerca di nascondersi dietro la burocrazia: l’arco non sarebbe sotto la sua competenza. Calata la notte, gli austriaci decidono di iniziare comunque l’operazione di rimozione. Il rumore attira però l’attenzione anche della guardia nazionale e le operazioni vengono interrotte. Il giorno dopo la cavalleria austriaca circonda l’arco per allontanare la folla e ostruisce tutti i passaggi della corte del Louvre e del Carrousel. I cavalli vengono rimossi e il 1 ottobre 1815 l’arco di trionfo ha perso la sua corona equina. Il 13 dicembre 1815 la quadriga torna, dopo vent’anni, sulla facciata di San Marco. Arrivati a Venezia, i cavalli partono solennemente dall’Arsenale, su una zattera, e approdano alla riva della Piazzetta. Alla cerimonia non poteva che assistere un nuovo imperatore: Francesco I, con la sua corte. Ma i toni sono dimessi, nessuna festa, per rispetto della moglie Maria Lodovica d’Austria, scomparsa da pochi giorni. A livello simbolico però il momento non perde niente: Venezia celebra sé stessa recuperando i suoi simboli, mentre l’Austria si riflette negli occhi dei Cavalli di San Marco. Un secolo dopo però, i cavalli sono di nuovo in movimento e conoscono una nuova, antica capitale. Arrivano a Roma per sfuggire ai bombardamenti austriaci, non più loro garanti ma nemici. Trovano riparo a Castel Sant’Angelo e poi a palazzo Venezia, in una corsa di corsi e ricorsi storici e toponomastici. Per chi ritiene che l’origine delle statue sia romana e non greca, si tratta di un vero e proprio ritorno a casa.Passato il pericolo, però, i cavalli si incamminano nuovamente verso Venezia e riprendono la loro storia sotto l’ala di San Marco.