23 dicembre 1667

Il dislocamento a pieno carico potrebbe essere stato sulle 1.100 tonnellate. Sulle caratteristiche costruttive le fonti non dicono molto, purtroppo un elemento comune alle navi costruite in Arsenale durante questo periodo. Il fasciame esterno e interno era di rovere fino al ponte di corridoio, poi di larice, legno utilizzato anche per i ponti; sopra il galleggiamento, le murate presentavano una forte rientranza (tumblehome), accorgimento che si riteneva migliorasse la stabilità, mantenendo i cannoni del ponte superiore più vicini al centro della nave, e favorisse la capacità di stringere il vento. Paolo Corso doveva essersi ispirato alla prassi inglese, perché la Giove Fulminante era stretta di fondo e aveva linee di scafo particolarmente tagliate, che le assicuravano una velocità ragguardevole anche a paragone delle navi costruite in area atlantica, tanto che poteva gareggiare con le stesse unità barbaresche; stringeva inoltre molto bene il vento ed era straordinariamente facile da manovrare, nonostante fosse assai robusta e con una poppa giudicata troppo alta, caratteristica questa abbastanza diffusa tra le prime navi prodotte in Arsenale.Lo svantaggio di linee di scafo così slanciate era rappresentato dalla grande quantità di zavorra necessaria per assicurare una sufficiente stabilità. Ciò portava la Giove Fulminante a pescare molto (almeno 17 piedi, quasi sei metri), un problema notevole in un porto dai fondali ridotti quale Venezia; era quindi necessario farla uscire dalla Laguna scarica e senza cannoni, ancorandola poi in mare aperto per completare le operazioni di carico, con forti spese per il trasporto dei materiali e notevoli rischi in caso d’improvvise tempeste. un altro difetto, manifestatosi col tempo, furono le ripetute infiltrazioni d’acqua, causate pare dalla cattiva stagionatura del legname: teoricamente, dopo il taglio nei boschi, i tronchi avrebbero dovuto essere inviati a Venezia e rimanere per almeno tre anni nei bacini dell’Arsenale, venire segati ed essere poi nuovamente immersi in acqua per altri tre anni; poiché spesso accadeva che il legname giacesse a lungo abbandonato sul luogo del taglio, un anno in bacino poteva essere ritenuto sufficiente, ma in tempo di guerra diventava difficile rispettare anche questo seppur limitato periodo.