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1.mo Marzo (capodanno veneto o More Veneto).

Per secoli Venezia ha festeggiato il Capodanno in un giorno diverso dal 1°gennaio. Secondo il calendario ufficiale della Serenissima. corrispondente all’uso del più antico calendario romano, il primo mese dell’anno è marzo. Così è stato fino al 1797: marzo segnava un nuovo inizio, riflesso della tradizione che voleva la città fondata proprio in questo mese, precisamente il giorno 25, nell’anno 421 In origine, il Capodanno veneziano era in effetti il 25 marzo, una scelta non casuale: questa data, prossima all’equinozio di primavera, corrisponde, ancor prima che ai leggendari natali di Venezia, al giorno in cui la Chiesa ricorda l’Annunciazione della Vergine. In un secondo momento, per comodità di calcolo, il primo giorno dell’anno è stato anticipato al primo giorno di marzo. Fino alla caduta della Repubblica, l’inizio dell’anno si è dunque festeggiato il 1° marzo, data rimasta invariata anche dopo il 1582, quando in molti altri Stati il calendario in vigore fu sostituito dal più preciso calendario di Papa Gregorio XIII, oggi usato in quasi tutto il mondo. Per evitare fraintendimenti, nei documenti ufficiali della Serenissima la data nei mesi di gennaio e febbraio (gli ultimi due dell’anno a Venezia) era seguita dall’abbreviazione MV, “more veneto”, indicante appunto la peculiarità dell’uso veneziano.


1.mo Marzo 1322

Sebenico si dà a Venezia, e sotto la quale rimane sino al 1357, distaccandosi il 14 dicembre, quando Lodovico d'Angiò era in atto di strappare la Dalmazia a Venezia. Durante la guerra di Chioggia, il 4 ottobre 1378, fu attaccata ed espugnata da Vettor Pisani, rimanendo tuttavia, in base alla pace di Torino (24 agosto 1381), sotto l'Ungheria. Morto Lodovico (11 settembre 1382), nel turbinio di lotte che si sviluppò, conobbe successivamente la sovranità o il dominio di Elisabetta e Maria regine d'Ungheria (1382-1390), di Tvarco re di Bosnia (1390-91), di Sigismondo d'Ungheria (1391-1402), di Ladislao di Napoli (1402-1408), nuovamente di Sigismondo, sino a che, per rinnovata dedizione, non tornò durevolmente a Venezia il 30 ottobre 1412. Il dominio veneziano, durato ininterrottamente sino alla caduta della Repubblica (1797), apportò pace, benessere e rigogliosa fioritura d'arte, di studî e di pensiero. Particolarmente splendido fu il Rinascimento: ricorderemo soltanto la costruzione del duomo (v. sopra), e, nel campo degli studî, gli umanisti Giorgio Sisgoreo e Ambrogio Micheteo. Nella seconda metà del sec. XV incomincia la pressione turca, che si aggrava verso il 1500 e diventa una continua minaccia dopo il 1522, quando i Turchi s'insediano durevolmente nella vicina Scardona. Ha inizio allora la trasformazione di Sebenico in munitissima piazzaforte, alla quale lavorano i più insigni condottieri e ingegneri militari di quel tempo: Malates'ta Baglioni e i due Sanmicheli. Così fortificata, pure subendo danni ingenti nell'agro, Sebenico resistette a tutti gli assalti turchi, particolarmente a quello sferratole nel 1647 dal pascià di Bosnia. Dopo il 1797 e sino al 1805, passò, con la restante Dalmazia all'Austria, che nel 1799-1800, nei forti eretti dai Sanmicheli, deportò un numeroso gruppo di patrioti cisalpini; dal 1806 al 1809 fece parte del Regno d'Italia napoleonico; dal 1809 al 1813 del governo delle provincie illiriche. Iniziatasi nel 1813 la seconda dominazione austriaca fu pronta quant'altre mai, anche per l'orgoglio che le derivava dall'esser patria di Niccolò Tommaseo, ad accogliere ed elaborare gli spiriti del Risorgimento nazionale e a parteciparvi intensamente. Ciò affrettò e rincrudì la reazione austro-croata che, violentemente, tolse nel 1873 il comune agl'Italiani. Dopo la grande guerra, in forza del patto di Londra, fu occupata dalle truppe italiane, ma nel trattato di Rapallo fu ceduta alla Iugoslavia e consegnata il 13 giugno 1922.


1.mo Marzo 1588

Muore Francesco Morosini, nasce a Venezia il 9 aprile 1511. Sposatosi nel 1536 con una delle figlie di Agostino Venier e maritatosi per una seconda volta nel 1542 con Cecilia Pisani, membro della nobile famiglia Morosini, fu attivo come politico in qualità di senatore della Repubblica di Venezia, ma durante la sua carriera rivestì incarichi molto più prestigiosi, che lo portarono a diventare uno degli aspiranti al titolo dogale. Dal 1555 capitano di Bergamo, nel 1565 effettuò in qualità di savio di Terraferma una rassegna delle armate. Fu assieme a Giambattista Foscarini uno dei due Savi che ebbero il compito di trattare riguardo alla richiesta di Carlo IX di Francia, che aveva domandato per mezzo di ambasciatore la somma di centomila ducati alla Serenissima. Nel 1571 ebbe modo di essere creato sia generale, sia provveditore generale. L'inizio della sua carriera militare fu strettamente connesso a un attacco dei Turchi, che si avvicinarono con la loro flotta a Venezia: gli fu dato l'incarico di presidiare la città assieme ai senatori Daniele Venier, Marco Giustiniani, Girolamo Contarini, Francesco Michele, Lorenzo Soranzo, Andrea Bernardo ed Oglio di Sebastiano. Nel 1572 assieme a Nicolò da Ponte, Paolo Tiepolo e Andrea Badoaro venne scelto come oratore per mandare a Gregorio XIII le congratulazioni della Serenissima per l'elezione di questi al soglio pontificio: a titolo onorifico, il pontefice gli concesse di inserire nel suo stemma quello della famiglia Boncompagni. Poiché il Palazzo Ducale di Venezia era stato gravemente danneggiato da un incendio nel 1574, venne scelto come uno dei responsabili della ristrutturazione. Morto nel 1578 il procuratore di San Marco Tommaso Contarini, assurgeva a questa carica il 15 dicembre, per poi essere creato nel 1584 Riformatore degli Studi a Padova. Morto il doge Nicolò da Ponte, venne proposto come successore di questi, ottenendo anche una certa approvazione, ma di fatto non venendo eletto. Morto il 1º marzo 1588, venne tumulato nella Basilica di San Giorgio Maggiore, e più precisamente nella cappella di Sant'Andrea.


1.mo Marzo 1773

Carlo Marin, figlio di Jerome e Claire Belluna Bragadin, nacque a Muggia (Istria), dove suo padre era sindaco della Repubblica di Venezia. Apparteneva ad una delle famiglie nobili che fondarono Venezia. Fu educato dai Somaschi alla lettura dei classici italiani e latini e studiò Gaetano Filangieri e Montesquieu. Divenne amico dei fratelli Jean e Ippolito Pindemonte . Nel primo matrimonio sposò Regina Morosini, dalla quale ebbe una figlia. Vedovo, il 7 agosto 1808 si unì in seconde nozze con Ippolita di Colloredo, la cui famiglia possedeva il castello Colloredo di Monte Albano . De Ippolita ebbe due figli: Augusto e Adele, che sposò Antonio Nievo: sono i genitori di Ippolito Nievo Ippolita come venne chiamata la nonna materna, morta giovane. Dall'amministrazione della Repubblica di Venezia, al tempo dell'Impero Austro-Ungarico conservò le sue cariche Carlo Marin. Fu direttore a Chioggia, tesoriere a Udine, segretario di camera a Verona, Vicenza e Ancona, intendente a Ferrara e Verona e, più recentemente, fu camerlengo a Verona. Nel 1846, dopo 53 anni di attività al servizio del governo, si ritirò e visse tra Sabbioneta e Mantova , insieme alla famiglia della figlia Adele. A Sabbioneta, dove si recava spesso in visita il nipote Ippolito, Carlo Antonio Marin visse con il genero fino al 1849, quando Antonio Nievo fu allontanato da Mantova, per motivi politici, e inviato in Friuli. Quando Ippolito Nievo era a Palermo, con l'incarico di vicequestore dell'esercito garibaldino meridionale , scrisse alla madre che suo nonno Carlo sarebbe stato orgoglioso di un nipote, così preciso e attento come amministratore. Carlo Marin ha scritto versi bellissimi, raffinati, eleganti, talvolta pubblicati in opuscoli come quello per il matrimonio Adriana Balbi - Giuseppe D'Ezdorf. Ha pubblicato anche saggi di storia dell'arte. I manoscritti originali, con sonetti, aforismi, epigrammi e odi anacreontiche - parte materiale ancora inedita - appartengono alla Fondazione Ippolito Nievo e Stanislao. In queste poesie espresse il suo rammarico per la Repubblica di Venezia, il dolore per il suo ordine, il desiderio di ritornare a Venezia, dalla quale si sentiva esiliato. La critica letteraria vedeva in Carlo Marin un riferimento a Carlo, la figura principale delle Confessioni di un italiano .