13 marzo 1229

Muore il Doge Pietro Ziani, 17 giorni dopo aver abdicato, dopo aver ricoperto per un quarto di secolo la massima carica della Repubblica, muore nella sua casa di S. Giustina . Con Enrico Dandolo, Venezia non aveva solo affermato la sua grandezza militare ed economica ma anche politica, infatti le leggi promulgate ed il rispetto di esse consentirono alla Serenissima di consolidare ancora di più il suo status di città da cui trarre insegnamento. Durante la “campagna” di Bisanzio, a Venezia rimase il figlio Ranieri Dandolo in qualità di reggente “pro tempore”, il quale però in virtù delle leggi e nel rispetto di esse si fece immediatamente da parte quando, circa due mesi dopo arrivò la notizia della morte del padre. Nonostante i veneziani rimasti a Costantinopoli avessero eletto a Doge Marino Zen, Il 15 agosto, i Quaranta Grandi Elettori elessero al soglio Pietro Ziani, figlio del defunto Doge Sebastiano (1172-1178). Personaggio estremamente ricco ma virtuoso e sapiente, fu sposato la prima volta con una figlia di un “Procuratore di San Marco” : Mara Baseggio; la seconda, con Costanza figlia di Tancredi re di Sicilia. Che fosse ricco non vi era dubbio, la sua famiglia vantava interi possedimenti, palazzi ed intere calli in città, come lungo la gronda lagunare e persino in Istria. Che fosse saggio lo dimostrò il modo, mediante il quale riuscì a riorganizzare gli immensi territori derivati dal suo predecessore ovvero, facendo governare i possedimenti direttamente dalle nobiltà che vi si erano insediate e mantenendo con queste un rigoroso controllo di vassallaggio. Nel 1209 si ebbe la prima guerra di Candia, e si fecero delle convenzioni con il Patriarca di Aquileia per la sicurezza del commercio. L’Epiro fu abbandonato perché impossibile da controllare, mentre occupò Corfù, Modone e Corone, Atene e Negroponte. Creta fu riconquistata tra il 1209 e 1210 perché, nonostante fosse stata regolarmente acquistata da Bonifacio di Monferrato, a Candia (odierna Heraklion) si era insediato il genovese Enrico Pescatore. Dopo una cruenta battaglia (dove perse la vita Renier Dandolo), i veneziani entrarono trionfanti, il Pescatore fu cacciato ed al suo posto fu insediato Jacopo Tiepolo con il titolo di Duca di Candia. Nel 1209 si ebbe una convenzione con Padovani circa le liti che potessero sorgere tra loro. Nel 1211 venne mandata a Candia un colonia di Veneziani. Nel 1214 Pietro Ziani dovette nuovamente ricorrere alle armi... questa volta alle porte di casa: contro Padova e Treviso, a causa i fatti successi in occasione dello spettacolo del “Castel d’amore”. In questa singolare tenzone alcune damigelle erano asseragliate dentro un sorte di piccola torre di legno detto, appunto, dell’amore e i giovanotti delle città di Padova, Treviso e Venezia dovevano disputarsene i favori con lusinghe, gettando loro fiori, dolci, ecc. I Veneziani, molto più pratici, invece andarono al sodo e gettarono loro dei suonati zecchini d’oro: inutile dire che sbaragliarono gli avversari, i quali se la presero tanto a male da scatenare una atra guerra. Il capitano dei Padovani, un certo Marco Caco, le prese di santa ragione: da qui sorse il detto di “ai tempi de marco caco”. Solo nel 1216 si riebbe pace tra Padova e Venezia. I pregressi rancori, mai sopiti, dei comuni limitrofi, che trovavano radici ancora in alcuni decreti dell’Imperatore Federico II di Svevia su concessioni, esenzioni, monopoli a favore di Venezia, trovarono sfogo con lo sconfinamento ed il saccheggio di Chioggia, alleatasi nel frattempo ai Padovani, anche a causa del castel d’amore. Nonostante le continue belligeranze , tra il 1207 ed il 1220, a Venezia venne riorganizzata la magistratura ed il potere legislativo. Il consiglio dei Quaranta fu rifondato e denominato "Quarantia" il quale oltre ad avere giurisdizione nell’elezione del Doge doveva curare l’esame delle controversie in caso di delitti contro lo Stato e contro la persona, avvalendosi degli "Avogadori di Comun" (una sorta di ufficio istruttorio). Furono inoltre instaurate: la magistratura del "Piovego"(corruzione della desinenza latina publicorum) alla quale fu demandata la tutela del demanio, sia dal punto di vista patrimoniale, sia da quello della sua integrità e mantenimento e quella dell’ "Esaminador" competente nelle controversie patrimoniali private e nell’usura. Venne ricostituita la pace con i comuni veneti e rafforzata la diplomazia con comuni tradizionalmente orbitanti nella sfera pontificale, quali Bologna, Fano, Fano, Fermo e Castelfidardo, a scapito dell’irriducibile Ancona e sollevando le proteste di papa Gregorio IX. Ma quello che più impensierì Pietro Ziani, durante il suo dogado, furono i veneziani di Costantinopoli, già in contrasto con la madre patria per la mancata elezione del loro prescelto, con l’andar degli anni avevano intrecciato rapporti sempre più stretti con l’ Imperatore latino Pietro di Courtenay. E fu proprio il doge Pietro Ziani a proporre (1125) in Maggior Consiglio la “parte” di trasferire la sede della Repubblica a Costantinopoli, ma la sua mozione non passò per un solo voto. Inoltre vi era anche Teodoro Lascaris, Imperatore di Nicea che continuava a rivendicare diritti di successione sugli ex territori di Bisanzio. Con quella situazione che si andava sempre più ingarbugliando, il Doge fu costretto a distaccare a Costantinopoli il Duca di Candia, Jacopo Tiepolo. Nel 1227 si ebbe un patto tra i Bolognesi e i Veneziani circa le liti che potessero sorgere tra loro. Pietro Ziani abdicò, lasciando ingenti somme di denaro a poveri, orfani, vedove, ospizi ed ospedali.Si spense nel marzo 1229 e fu sepolto nel sepolcro del padre a San Giorgio.


13 marzo 1811

Con l'acquisizione dei territori dell'ex Serenissima e della Romagna ex papalina, il Regno d'Italia diventa una potenza navale: può contare su 6 mila marinai e una squadra di tre fregate, oltre a naviglio minore. A capo viene posto il modenese Amilcare Paulucci, che aveva servito nella marina napoletana. Il 13 marzo 1811 una squadra navale franco-italiana, al comando di Bernard Dubordieu, affronta i britannici nelle acque di Lissa, isola al tempo strategica per il controllo dell'Adriatico (e questo spiega perché vi siano state combattute ben due battaglie). I britannici stravincono: perdono soltanto 50 uomini e nessuna nave, mentre i franco-italiani contano 220 vittime (compreso il comandante Dubordieu) e cinque navi perse, tra le quali due catturate, la Corona comandata dal veneziano Nicolò Pasqualigo, di famiglia patrizia, e la Bellona agli ordini del friulano Giuseppe Duodo, figlio di un ebreo convertito e della nobildonna Maria Manin. Duodo, già ufficiale della Marina veneziana, nel 1792 era stato primo pilota a bordo della Fama, la fregata che aveva riportato a Venezia la salma di Angelo Emo, l'ammiraglio che aveva bombardato Tunisi ed era morto a Malta. Durante la battaglia di Lissa (quella del 1811 no la più famosa del 1866) una cannonata gli amputa entrambe le gambe, Duodo allora si fa appoggiare all'albero di maestra e continua a combattere con due pistole in pugno. Quando gli inglesi abbordano la nave, lo trovano così e lo fanno prigioniero. Il comandante voleva far saltare la santabarbara dopo essersi arreso per non consegnare la nave al nemico, non potendo farlo di persona, ordina al secondo di accendere la miccia, questi gli promette di farlo e invece consegna la nave ai britannici, una volta saliti a bordo. Duodo muore due giorni dopo a Lissa, convinto che la sua nave sia esplosa. In segno di rispetto, il commodoro Hoste fa restituire alla famiglia la sciabola e il cappello di Duodo che oggi si trovano in un magazzino del castello di Udine. La fregata Corona, comandante Nicolò Pasqualigo, già ufficiale agli ordini di Angelo Emo, resiste per parecchie ore al fuoco della nemica Hms Active, ma alla fine deve arrendersi: Pasqualigo è ferito, l'equipaggio è decimato e a bordo infuria un incendio contrastato sia dai marinai inglesi sia dai loro prigionieri veneziani. Anche Pasqualigo è preso prigioniero, gli lasciano la sciabola e lo portato a Malta, dopo un po' di tempo viene rilasciato e torna a Venezia. Diventerà comandante della flotta militare austriaca. Un altro patrizio che ha servito con Angelo Emo e che si ritrova comandante con i napoleonici è Silvestro Dandolo: gli viene affidata la flotta delle isole Ionie con la quale compie un colpo di mano contro gli inglesi a Santa Maura, tornati gli austriaci, diventerà comandante dell'Arsenale.