9 marzo 1510

È il giorno in cui la Madonna apparve a un pio vecchietto, tale Giovanni Cigana, che era solito pregare ogni dì inginocchiato davanti al capitello della Madonna che si trovava sulla via pubblica andando verso Oderzo. Quel mattino, il Cigana, dopo aver recitato le orazioni, 7 Pater e 7 Ave Maria, riprese il cammino per recarsi a lavorare lungo la strada che porta alla villa di Revivole, quando all'improvviso ebbe una meravigliosa visione : seduta su un prato verde vide una bellissima giovinetta vestita di bianco che gli rivolse soavemente la parola. Il Cigana non tardò a capire il mistero di quell'Apparizione benedetta e, preso da profonda venerazione, cadde devotamente in ginocchio difronte alla Madre di Dio. Con voce candida la Madonna invitò il Cigana a digiunare insieme con la propria famiglia per tre sabati consecutivi e nel contempo a predicare la penitenza e il digiuno anche alla restante gente di Motta e dei paesi limitrofi. Solo così tutti avrebbero ottenuto la misericordia e il perdono dal Signore, sdegnato per i peccati del popolo. La Vergine Maria disse poi al Cigana di far costruire, in quel luogo prediletto nella terra di Motta, una basilica in tavole, dove la gente potesse raccogliersi in preghiera in quei santi giorni. In seguito avrebbe eretto una chiesa insigne affinché rimanesse per sempre il ricordo della Sua Apparizione. A questo comando, il Cigana espose le sue difficoltà nel farsi credere e ascoltare dal popolo. Allora la Madonna disse : guardaré questa sera el sole che vedereti segnal da creder. E mi metarò bon per el paese in cor ai homeni, che ve crederà. Dette queste parole, la Giovinetta benedì il Cigana e scomparve. Al tramonto, il Cigana assieme ai suoi figli guardò, come gli aveva suggerito la Madonna, il sole che, dopo essere stato nascosto alla vista per circa un'ora, apparve d'un rosso vivo che sembrava "gocciolasse sangue" e trenta giorni dopo arrivarono i primi Frati Minori dell'Osservanza di San Francesco della Vigna per custodire quel luogo sacro.


9 marzo 1705

Tommaso Temanza nasce a Venezia, figlio d'arte: suo padre, Antonio Temanza, era egli stesso architetto, mentre la madre Adriana Scalfarotto fu sorella di un altro grande architetto veneziano, Giovanni Scalfarotto (al quale si deve la rifabbrica di San Simeon Piccolo). Fu allievo a Padova del matematico Giovanni Poleni e proprio collaborando con lo zio Giovanni conobbe ed ebbe maniera di confrontarsi con un giovane Giovan Battista Piranesi. Come il padre, divenne (nel 1742) proto al Magistrato delle Acque, e in questa veste seguì Bernardino Zendrini nella realizzazione dei Murazzi, sui litorali di Lido e Pellestrina. La sua formazione incluse infatti anche gli studi di ingegneria e idraulica, ma fu pure uno studioso di valore, soprattutto nel riportare in auge la figura di Andrea Palladio e contribuire dunque all'orientamento in chiave neoclassica del linguaggio architettonico veneziano. Poche in realtà sono le sue opere degne di nota: la chiesetta di Santa Margherita a Padova (verso il 1748), la cappella di villa Contarini a Piazzola sul Brenta, il progetto della loggia di Ca' Zenobio a Treviso e - a Venezia - il disegno per la chiesa di San Servolo e la realizzazione di quella, già citata, della Maddalena. Nel 1755 fu incaricato del restauro della Torre dell'Orologio in Piazza San Marco, dove si limitò a inserire otto colonne al piano terra, ritenendo di dover "continuare lo stesso carattere e le simmetrie medesime, altrimenti (le fabbriche) riescono irregolari e mostruose". Un intervento che fu oggetto di versi satirici, probabilmente per mano del suo rivale Carlo Lodoli, che scrisse: "Lustrissime siore colonne, cosa feu qua? Non lo savemo in verità". Allo stesso anno va ricondotto il progetto di rifacimento degli spazi del teatro del Ridotto. Qualche anno prima, proprio in funzione delle polemiche, aveva rinunciato a ricostruire il ponte di Bassano, crollato nell'agosto del 1748 per la piena della Brenta. Intenzionato anche in questo caso a proporre una ricostruzione fedele del disegno palladiano, fu preso di mira da chi voleva qualcosa di innovativo e razionale; alla fine affidò l'incarico al matematico Bartolomeo Ferracina. La sua produzione storica e letteraria fu di tutto rispetto: il suo lavoro più conosciuto è "Vite dei più celebri architetti e scultori veneziani", del 1778, indispensabile opera di consultazione per gli studiosi di storia dell'architettura veneta. Scrisse anche una "Vita di Andrea Palladio" e la "Dissertazione sopra l'antica pianta dell'inclita città di Venezia nel duodecimo secolo", nel 1781, nella quale riporta e analizza quella che viene considerata la più antica pianta della città di Venezia. La chiesa della Maddalena (riedificata tra il 1757 e il 1591 a seguito dell'abbattimento del vecchio edificio) fu l'opera più distinta di Temanza, da lui stesso definita "prodigio della Provvidenza". Più simile a un tempio pagano che a una chiesa (oltretutto con un orientamento Nord-Sud contro il precedente e classico Est-Ovest) rimase spesso chiusa al pubblico proprio per la sua somiglianza al Pantheon. Oltre a questo l'architettura è arricchita da motivi neoegizi e palladiani e ricca di riferimenti che richiamerebbero alla massoneria, come l'occhio dentro a un triangolo iscritto in un cerchio che compare sopra il timpano accompagnato dal motto "Sapientia aedificavit sibi domum" e l'elegante porticina sul retro che secondo alcune teorie veniva utilizzata per iniziare i nuovi adepti. Anche la pietra tombale di Tommaso Temanza, che morì il 14 giugno 1789 ed espresse il desiderio di venirvi sepolto, reca squadra e compasso: indubbiamente strumenti del suo mestiere ma, ancora, simboli cari alla fratellanza dei liberi muratori.