18 marzo 1514

Viene condannato a morte Bartolomeo da Mortegliano. "Bortolo" da Mortegliano, sacerdote più dedito agli intrighi politici, che ai ministeri pastorali. Costui sognava di veder restaurato il dominio dei patriarchi di Aquileia e credeva che gli imperiali fossero in grado e desiderassero farlo. Per questo non esitò a prestarsi a far sì che la fortezza di Marano tornasse nelle loro mani. Si fece amico del podestà di Marano Alessandro Marcello e da lui ottenne la piena libertà di entrare e di uscire dalla fortezza. Il giorno 13 dicembre 1513, con il pretesto di andare a caccia, si fece dare le chiavi delle porte; uscito, diede il segnale convenuto agli imperiali che attendevano poco lontano ed essi forti di 400 cavalli e 600 fanti entrarono impetuosamente nella fortezza e se ne impadronirono. Al capitano ed ai soldati, pochi in verità, che presidiavano la fortezza, non restava altro che darsi alla fuga. I tentativi fatti successivamente dal Senato veneziano di riprendere Marano andarono a vuoto, perché gli imperiali avevano nel frattempo rinforzato notevolmente, con uomini ed artiglierie, la guardia della fortezza. Così a nulla approdarono le imprese militari, sempre per conto di Venezia, di Piero Baldassare e Bartolomeo da Mosto nel 1514, ed infelice fu pure lo sforzo di Gerolamo Savorgnan, che rimase accampato sotto Marano dall'aprile al luglio dello stesso anno. Con il trattato di Worms o "Pace di Wormazia" del 1521, Venezia tentò di riprendersi Marano, nelle varie contropartite e trattative, con l'offerta di una ingente somma di denaro, ma gli imperiali furono irremovibili e si tennero ben salda la fortezza. Non a caso a Marano una calle del centro storico porta ancora ai giorni nostri il nome di "Vormazia". questo prete traditore della Serenissima, tentò di ripetere la sua impresa a Portogruaro, ma fu scoperto e arrestato, trasportato in catene a Venezia dove fu presentato davanti alla terribile Inquisizione di Stato. Condannato dapprima a morte, fu consegnato il 18 marzo 1514 all'autorità ecclesiastica per essere svincolato, e che il clero si impegnasse a farlo sparire per sempre.