6 marzo 1460

Viene promulgata una legge nella quale, tra l'altro, si legge che il salario minimo di un calafato dell'Arsenale è di cinquantatré ducati d'oro e mezzo l'anno. Nella seconda metà del XV secolo la situazione non appariva più così favorevole alla manodopera veneziana. La concorrenza degli altri cantieri dislocati nell'Adriatico, coniugata forse a una temporanea caduta della domanda, aveva ridato forza agli armatori privati, i quali offrivano delle mercedi così basse da indurre i calafati a chiedere alle magistrature cittadine "un giusto prezzo" per il loro lavoro. Veniva così fissato un salario minimo garantito (32 o 22 soldi di piccoli a seconda delle stagioni lavorative. D'altro canto le esigenze crescenti della flotta militare, che non poteva accontentarsi di un'organizzazione del lavoro permanentemente instabile, spinsero verso la redazione di un libro delle maestranze ordinarie, nell'ambito delle quali i marangoni,calafati e remeri sarebbero stati registrati di diritto. A partire da questo momento essi avrebbero avuto il diritto di lavorare nei cantieri in qualsiasi momento, anche quando fossero divenuti troppo vecchi o incapaci di fare qualcosa di veramente utile. L'iscrizione a quello che sarebbe divenuto quasi il Libro d'oro degli arsenalotti concedeva il diritto di presentarsi al mattino e, in caso di mancanza di lavoro, recarsi altrove, magari in qualche cantiere privato, e svolgervi una qualche altra attività meglio retribuita.


6 marzo 1853

Alla Fenice la prima assoluta di Verdi "La Traviata".Su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal celebre e contemporaneo “la Signora delle Camelie” di Alexandre Dumas, fu un fiasco memorabile, soprattutto se paragonato all’enorme successo che avrebbe avuto in seguito quest’opera. Verdi non si scompose, come si può vedere da ciò che scrive il giorno seguente in una lettera: “La traviata, ieri sera, fiasco. La colpa è mia o dei cantanti? Il tempo giudicherà”. In effetti, la scelta dei cantanti non fu delle più felici. Il ruolo della protagonista fu affidato a Fanny Salvini Donatelli, anche se Verdi aveva espresso parere contrario: era di età troppo avanzata per quel ruolo, non sarebbe stata credibile; per quella parte era più adatta “una donna di prima forza” ma per ragioni contrattuali non si poteva fare altrimenti e a Verdi toccò arrendersi. Fanny Salvini Donatelli vocalmente si dimostrò all’altezza del ruolo ma non lo interpretava in modo realistico e, come previsto, il suo fisico non era adatto alla parte: troppo in carne per rappresentare la malata e morente Violetta; il pubblico rise. Il baritono Felice Varesi non dette il meglio di sé, forse anche perché era deluso dal fatto di avere poco da cantare in confronto ad altre opere. Per l’inadeguatezza degli interpreti, per la novità della forma e per il soggetto scabroso, il pubblico reagì con i fischi. Le rappresentazioni successive furono accolte già meglio; intanto Verdi calcava la mano sull’insuccesso per far sì che in futuro le sue opere non fossero più distribuite senza la sua supervisione e senza la sua approvazione. Dopo circa un anno, Verdi rielaborò alcune parti della Traviata (piccole modifiche di stile), e quando, il 6 marzo 1954, la Traviata viene messa in scena di nuovo a Venezia al Teatro San Benedetto , il pubblico la accoglie con fragorosi applausi. È un vero e proprio trionfo. Da allora La traviata fu rappresentata ovunque, in Italia e nel mondo, riscuotendo grande successo. Solo a partire dal 1906 cadde l’usanza di ambientarla nel Settecento e si cominciò a rappresentarla con scene e costumi del 1850, rispettando l’originaria concezione dell’autore. Tutt’ora La traviata è una delle opere più rappresentate al mondo.