26 Marzo 1511

Uno dei più devastanti terremoti di sempre, di magnitudo 6.9 della scala Richter, si abbatté tra la Slovenia e il Friuli, interessò la pianura padana, l’Austria e le due sponde dell’Adriatico. Alla fine delle scosse si contarono almeno 12.000 morti. Gravi danni furono registrati in tutto il Veneto e, in particolare, a Verona. La laguna veneta si trovò a secco e uno tsunami distrusse il porto di Trieste. La popolazione del grande porto adriatico fu costretta a lasciare la città e a rifugiarsi sulla collina di San Giusto. Furono colpite anche Pirano, in Istria e Lubiana in Slovenia. La città austriaca di Klagenfurt venne rasa al suolo. Anche Venezia che sembrava al riparo dai terremoti, perché fondata sull’acqua, subì gravi danni. Fu danneggiato anche il campanile, simbolo della città. E come ricordano le fonti dell’epoca, crollarono “molti camini et case”. La potentissima scossa viene classificata come una delle più forti avvenute nel Nord Italia, la seconda per mortalità dopo quella avvenuta nel Veronese nel 1117. Il sisma andò ad incrinare ulteriormente un sistema socio-economico già piagato da eventi naturali e antropici che resero il 1511 uno degli anni più bui della storia del Friuli-Venezia-Giulia e, più in generale, del Nord della nostra penisola. L’evento, secondo diverse fonti, colpì con certezza la sera del 26 Marzo, con particolare risentimento nell’area slovena di Idrijia, dove avveniva l’estrazione mineraria del mercurio, e in quella friulana di Gemona, Udine e anche Trieste. Diversi castelli subirono gravi danneggiamenti, fra cui Tolmin, Bled, Trzic e Kamnik. Anche in Veneto la scossa causò danni, pur se più lievi, a Belluno, Venezia, Padova e Treviso. Nell’area slovena interessata, fra cui anche Lubiana stessa, il 95% delle case erano costruite in legno e per questo i danni alle persone furono molto limitati, mentre sul versante italiano si arrivò a contare un numero altissimo di vittime, corrispondente a circa 10.000 unità.