27 agosto 1576

Muore Tiziano Vecellio, è uno tra i massimi esponenti della pittura italiana del ‘500. Nasce da una famiglia benestante intorno al 1490 a Pieve di Cadore. In giovane età si trasferisce a Venezia per studiare pittura. Diviene allievo e collaboratore di Giorgione, artista che gode di grande fama nell’area veneziana. Da Giorgione apprende il gusto per il realismo, l’uso di colori vivaci, la pratica di dipingere senza ricorrere a schizzi preparatori. Nel 1508 aiuta il maestro nella decorazione del Fondaco dei tedeschi, edificio veneziano destinato a ospitare i mercanti stranieri. Secondo il Vasari, pittore e trattatista del ‘500, sono in molti a complimentarsi con Giorgione, scambiando per suoi gli affreschi realizzati dal giovane Tiziano. Alla morte di Giorgione, nel 1510, Tiziano ha già conquistato una certa fama. L’Arciconfraternita di Sant’Antonio da Padova gli commissiona un ciclo di affreschi raffiguranti i Miracoli del Santo. Tiziano comincia a elaborare uno stile personale. Il realismo giovanile cede il passo a un maggior dinamismo dei corpi e anticipa la drammaticità espressiva della maturità. Nel 1516 diviene pittore ufficiale della Repubblica veneziana e riceve la prima commissione pubblica importante: il convento dei Frari di Venezia gli richiede una pala d’altare. A partire dagli anni ‘20 entra in contatto con le maggiori corti italiane. Riceve commissioni dal Duca di Ferrara Alfonso d’Este, dall’imperatore Carlo V, dal Duca di Urbino Francesco Maria della Rovere. I suoi dipinti si caricano di pathos: l’impasto cromatico esplode in infinite varietà, i movimenti si enfatizzano, luce e ombra si contrappongono. Tra gli anni ’40 e ’50 Tiziano riceve commissioni dalle maggiori personalità d’Europa: papa Paolo III, l’imperatore Carlo V d’Asburgo e il re di Spagna Filippo II. Tiziano ha ormai più di 60 anni, è un Maestro riconosciuto in tutte le corti d’Europa. Non cessa però di sperimentare. Stende il colore con le dita oppure con la stoffa per ottenere sfumature sempre più sgranate ed evanescenti. In questi ultimi anni realizza numerosi autoritratti. La morte di molte figure a lui care, tra cui l’imperatore Carlo V, influenza la sua arte, rendendola inquieta e drammatica. Il 27 agosto 1576 Tiziano muore a Venezia, ultraottantenne, lasciando incompiuta l’opera che avrebbe voluto sulla propria tomba: la Pietà. Tiziano è uno dei grandi Maestri del Rinascimento. La forza drammatica delle sue opere ispira molta arte successiva ed è un riferimento persino per correnti artistiche recenti come l’Espressionismo, nato 300 anni dopo la scomparsa del pittore veneto.


27 agosto 1715

Nicolò Tron nacque a Padova nel 1685, e morì a Venezia nel 1772. Di antica e nobile famiglia veneziana ancora giovanissimo entrò nel Senato della Repubblica di Venezia, e il 27 agosto 1715 fu inviato come ambasciatore presso la corte britannica. Decisivo fu il soggiorno in una nazione di avanzato sviluppo economico, soprattutto nel settore industriale. Qui potè visitare le industrie più aggiornate tanto che maturò in lui la convinzione della necessità di rimodernare, sul modello inglese, i metodi produttivi per la fabbricazione dei panni lana nello Stato veneto. Egli scelse proprio Schio come sede della sua sperimentazione erigendo nel 1726 un opificio “al gusto inglese e d’Olanda “. La scelta di Schio fu favorita da un’antica tradizione artigianale, dalla disponibilità di manodopera e di fonti di energia. Il lanificio, infatti, fu posto vicino alla Roggia Maestra, in via Sareo, poi via Pasubio, nell’attuale area del Giardino Jacquard, occupando il lato nord/ovest fino al colle di S. Rocco. L’impresa subì una forte crisi intorno alla metà del Settecento per cui il Tron trasferì la propria attività a Follina, in provincia di Treviso, dove era viva un’antica tradizione della lana.L’opificio di Schio,Delle molte attività intraprese dal Tron, quella che lasciò più il segno nel tempo fu il lanificio di Schio. Alla morte del Tron, la proprietà era condivisa con un certo Francesco Rubini, un ex-operaio del lanificio che era diventato poi imprenditore; dopo 5 anni questi acquistò la parte ereditata da Francesco Tron, figlio di Nicolò, e a fine secolo portò l'azienda ad un nuovo periodo di crescita e floridità. Poi, con successive vicende e passaggi di proprietà, l'azienda passerà ad Alessandro Rossi, il fondatore della Lanerossi, uno dei maggiori lanifici al mondo nella seconda metà del'Ottocento. Il Tron va ricordato anche per le sue pioneristiche iniziative in campo agricolo realizzate nella zona del Vallio, presso Anguillara, vicino a Cittadella, dove possedeva una tenuta di 1100 campi, e a Mareno, nel circondario di Conegliano. Nelle sue tenute il patrizio veneziano promosse opere di canalizzazioni e di bonifica, con l’intervento di tecnici inglesi, per favorire la coltivazione del gelso, degli alberi da frutto e soprattutto di viti. Inoltre era così grande il senso di amor patrio, che volle tenere aperte le porte del suo opificio di Schio a tutti, in modo che anche altri apprendessero le nuove tecniche di produzione dei tessuti. Cosa certamente impensabile al giorno d’oggi.