20 agosto 1462

Il Senato Veneto invita il Capitano da Mar Vittore Cappello a portare a Venezia il capo di San Giorgio Martire Dieci anni dopo la caduta di Costantinopoli essendo l’armata veneta presso Egina (Attica), per proteggere dai turchi quell’Isole, soggette allora al dominio dei veneziani, Girolamo Valaresso governatore, sopraccomito di una galera, avendo saputo che in Egina isola lontana 20 km dalla Morea si custodiva la testa del martire San Giorgio, lì trasportata da Costantinopoli circa l’anno 1360, informò con delle lettere l’abate di San Giorgio Maggiore Teofilo Beacqui milanese. Invogliato dalla notizia il buon abbate pensò d’arricchire con essa la sua chiesa, ottenne dal senato veneziano un decreto, con cui nel giorno 20 di agosto dell’anno 1462 fu commesso a Vettor Cappello generale dell’armata di dover con dolci maniere e senza usar violenza ottener dai cittadini di quell’isola la sacra reliquia per poi dirigerla alla Dominante. Il generale eseguì l’ordine, e andò ad Egina chiamò a sé i principali di quell’isola, e loro espose le forti premure del senato desideroso di ripor in luogo più sicuro quel sacro tesoro, ove con più esteso culto venerare si potesse. Dimostrarono quei capi apertamente il loro dispiacere, pure soggiunsero di soffrire pazientemente tale perdita, quando il santo acconsentisse, che la di lui sacra testa fosse rimossa da quel luogo, giacché in altri tempi avendola con prezzo e con violenza ottenuta il generale dell’armata di Alfonso V re di Aragona, mirabilmente si dipartì dalla nave, ove era stata collocata, e si restituì al suo luogo.Diverso però riuscì l’esito nella devota ricerca dei Veneziani. Poiché la sacra reliquia divenne di un leggerissimo peso (cosa insolita in altri casi) e condotta alle galere fu poi portata a Venezia, ed onorevolmente collocata nella chiesa dello stesso santo martire nel giorno 13 di dicembre dell’anno 1462. In riconoscenza però del dono ottenuto, e per dar qualche consolazione all’afflitto popolo di Egina, assegnò all’abbate Teofilo cento ducati, e cento altri ne aggiunse il senato veneto, affinché con essi si disponessero, e rifacessero le fortificazioni di quell’isola contro le frequenti incursioni dei turchi, dono che non arrivò però a mitigare il dolore per vedersi privi di un pegno tanto a lor caro del santo protettore del luogo, la di cui intercessione avevano sperimentata in tante occasioni efficace, e prodigiosa.