26 settembre 1530

Pietro Bembo fu nominato storiografo ufficiale della Serenissima. Ma quello che gli era successo a fine luglio gli impediva di godere appieno di questo grande successo, il Bembo era stato colpito da una forte febbre e, in seguito alla assunzione di medicinali che qualcuno a lui molto vicino gli aveva somministrato, le febbri erano aumentate fuori misura e il suo corpo era stato assalito da tremori, convulsioni e dolori fortissimi. Era sembrato un eccesso di medicinali ma fu presto chiaro che si trattava di veleno, qualcuno, forse uno dei familiari, lo voleva morto. L’attenzione del podestà si concentrò su un nipote dello scrittore, come scrive lo stesso Bembo a un amico: “Carlo mio nipote, filgliuol bastardo che fu di M. Bartolomeo mio fratello, il quale m’ho cresciuto dalla culla per figliolo et avealo in casa”. Da queste poche righe si può intendere quanto fosse turbato dalla sola idea di essersi allevato una serpe in seno così carica di rancore al punto da volerlo morto mentre in tutti i modi si era prodigato di istruirlo procurandogli anche dei benefici ecclesiastici per il sostentamento. Di questo episodio poco conosciuto della vita del Bembo scrive Laura Lepri in un recente libro concludendo il racconto in questo modo: “Ora, però, la giustizia del podestà reclamava a Padova Carlo il bastardo che, naturalmente, si guardò bene dal rientrare. In poco tempo, su quel brutto affare di famiglia si preferì calare un silenzio pietoso, ancorché imbarazzato”. (3) Il Bembo stesso volle chiudere quel brutto episodio per non rovinarsi la festa che a Venezia si stava preparando per l’importante incarico. Una donna, la “morosina”, Faustina Morosina della Torre, gli fu compagna e madre di tre figli, ma non la volle sposare per non perdere i privilegi del cardinalato.


26 Settembre 1687

Un colpo di bombarda distrusse gran parte del Partenone, trasformato nell’occasione in polveriera dagli ottomani. Il tetto e praticamente tutto l’interno vennero dilaniati, lasciando ai posteri soltanto le briciole di una storia millenaria. Il colpo fu esploso durante le campagne veneziane di ri-conquista dei territori greci, il breve lasso di tempo (1687/1718) in cui la Serenissima rientrò in possesso di alcuni territori che aveva perso. Con un singolo colpo di mortaio i Greci videro sbriciolarsi buona parte della propria eredità culturale, un patrimonio senza pari nella storia umana. Gran parte dei particolari di pregio che restavano del Partenone, nel XIX Secolo, vennero letteralmente saccheggiati dagli Inglesi e dai Francesi che, grazie ad un accordo fra questi ultimi e l’Impero Ottomano padrone della Grecia, non esitarono a spogliare il Partenone di tutte le rimanenti Metope e sculture presenti, o almeno quelle che riuscirono a trafugare. Essi non si limitarono a rubare le opere, ma distrussero anche parti limitrofe alle sculture, con il solo scopo di rubare le parti più preziose. Famosi sono i “Marmi di Elgin”, una serie di sculture trafugate dal Partenone e portate al British Museum. Fra queste si trovano le metope che costituivano la magnifica decorazione dell’architrave che rappresentavano la presa di Troia, la Gigantomachia, l’Amazzonomachia e la Centauromachia. Altre sculture rubate furono il racconto della Genesi di Atena, della battaglia fra la Déa e Poseidone, il Re del Mare, per il dominio sulla regione Attica, ma anche l’intero fregio continuo che decorava, ancora, l’interno della cella contenente la statua della Dea e le sculture che raffiguravano le festività Panatenaiche. Il grande poeta Lord Byron, che fu paladino della liberazione del popolo Greco contro i Musulmani, descrisse Elgin come il “predone” che saccheggiò “le misere reliquie di una terra sanguinante“.