3 settembre 1574

Viene trafugato l’anello di San Marco. La repubblica di venezia, nel corso della storia, subì’ numerosi incendi, tra i più disastrosi spicca quello appiccato dai saraceni nell’ anno 976. l’ evento determinò la distruzione della basilica di San marco con la perdita delle spoglie del santo, del castello ducale e di circa 300 abitazioni circostanti. La basilica fu ricostruita, probabilmente, utilizzando come fondamenta le rovine della vecchia chiesa. l’edificio fu completato nell’ anno 1094. finalmente i veneziani riebbero il luogo di culto tanto desiderato. tre giorni prima della consacrazione della basilica il doge Vitale Falier invitò i cittadini al digiuno ed alla preghiera. Lo stesso giorno della consacrazione accadde un evento miracoloso. Nessuno conosceva che fine avessero fatto le reliquie di San Marco, si presumeva fossero state bruciate nell’incendio o trafugate dai saraceni, ma nessuno si sarebbe mai immaginato che si trovassero ancora a Venezia. Durante la cerimonia, una colonna ristrutturata composta da vari blocchi si sgretolò, e dai blocchi uscì il braccio del santo con un anello d’ oro fissato al dito della mano. Molti fedeli tentarono di sfilarlo ma nessuno ci riuscì . Solo una persona, Dolfin della ca’ granda con le lacrime agli occhi iniziò a pregare promettendo di usare l’anello per guarire gli infermi e gli ammalati, solo in quell’ istante il santo se lo lasciò sfilare. la leggenda vuole che l’anello di San Marco sia stato portatore di infiniti miracoli, fino al 22 agosto 1509, giorno in cui Lorenzo Dolfin vendette l’anello alla scola granda per 200 ducati. il 3 settembre 1574 l’anello venne trafugato. L’autore del furto venne scoperto nel mese di novembre 1574. A tarda sera due famiglie di ca’ badoer segnalarono alle guardie che si aggirava nella zona del campo di San Tomà . Le guardie colsero l’ uomo in possesso di tenaglie, scalpelli, una mannaia e altro materiale mentre cercava di forzare la porta della chiesa, si trattava di Nadalin da Trento figlio di un sarto – garbelador e ligador – che esercitava l’attività al fontego dei tedeschi. Durante la perquisizione della sua abitazione emersero oggetti sacri e materiale colato in oro e in argento. la prima a confessare fu la moglie Cassandra. Lo stesso Nadalin, sperando nella clemenza dei giudici, ammise di aver commesso il furto dell’ anello di San Marco e di averlo fuso assieme ad altro oro, per poi venderlo ad un battiloro di San Lio al prezzo di 8 ducati. Le speranze del Nadalin da Trento si spensero con la sentenza del 3 dicembre 1574 , il ladro condannato a morte venne impiccato e le sue spoglie bruciate.


3 settembre 1836

Il Museo Correr prende nome da Teodoro Correr (1750-1830), nobile di antica famiglia veneziana, attento e appassionato collezionista. Alla morte, nel 1830, egli donò alla città la sua raccolta d’arte, assieme al Palazzo a San Zan Degolà in cui era custodita e a ulteriori risorse destinate a conservare e incrementare la collezione che da lui prende il nome e che costituisce il nucleo fondante del patrimonio dei Musei Civici di Venezia. Nel documento testamentario è indicato espressamente come e quanto la casa dovesse essere aperta al pubblico e agli studiosi, quante persone dovessero col loro lavoro garantirne il funzionamento e con quali risorse. Queste precise disposizioni sottolineano come il donatore avesse in mente non solo un luogo di cultura in cui gli studiosi potessero istruirsi, ma un vero e proprio museo inteso come luogo di conservazione, esposizione, raccolta e fruizione di oggetti di varia natura. La collezione non era però stata formata seguendo criteri di organicità; esposta al pubblico a partire dal 3 settembre 1836, solo con il terzo dei suoi direttori, Vincenzo Lazari, viene ordinata secondo una logica museografica. Lazari suddivide i materiali, li cataloga, cura l’immissione di nuove donazioni, attua acquisti, sollecita restauri e struttura il museo da un lato come gabinetto di studio, dall’altro con un percorso espositivo di cose notevoli, scegliendo – sono parole sue – “quanto v’era di meglio in ogni singola raccolta”. A Lazari si deve purtroppo anche la distruzione di documenti e oggetti a suo avviso non consoni alla tutela dell’immagine del donatore, ma è grazie al suo lavoro che, nella seconda metà del secolo, le guide della città pongono il museo tra le mete d’obbligo dei visitatori colti e degli studiosi. Il successivo continuo accrescersi del patrimonio per nuovi lasciti, donazioni, acquisizioni, segna la singolare storia dei Musei Civici di Venezia, destinati ad articolarsi nel tempo in una serie di sezioni staccate caratterizzate in modo diverso e specifico, fino a costituire l’attuale vasto sistema museale della città. Arricchita di nuove donazioni, tra cui le raccolte Molin, Zoppetti (con i notevoli materiali canoviani), Tironi (dipinti, maioliche, vetri, bronzi), Cicogna, Sagredo e altre, la collezione già nel 1887 viene spostata da Palazzo Correr e sistemata nel vicino Fondaco dei Turchi, con nuove acquisizioni (tra cui, nel 1895, il consistente patrimonio di memorie di Francesco Morosini) e un nuovo allestimento. Nel frattempo, il Comune di Venezia avvia nel 1897 la collezione municipale d’arte moderna, in concomitanza con la seconda edizione della Biennale e nel 1902 ne designa come sede Ca’ Pesaro, prestigioso palazzo barocco da poco donato alla città dalla duchessa Felicita Bevilacqua La Masa. Qui troveranno spazio quindi anche i dipinti del secondo Ottocento che Pompeo Molmenti lascerà alla città nel 1927. Nel 1922 il Museo Correr viene di nuovo trasferito, questa volta nella sede definitiva, l’Ala Napoleonica di Piazza San Marco e parte delle Procuratie Nuove. Proprio Molmenti, allora sottosegretario alle Belle Arti, si batte per render possibile questa sistemazione. Contestualmente al Fondaco dei Turchi trova spazio il Museo di Storia Naturale. Nel 1923 viene acquisito anche il Museo del Vetro con sede a Murano in Palazzo Giustiniani: qui confluiranno nel 1932, le varie raccolte di vetri. Nel frattempo, nel 1923, una convenzione con lo Stato ha affidato al Comune di Venezia la gestione di Palazzo Ducale. Al 1931 risale la donazione alla città di Ca’ Centanni, la casa natale di Carlo Goldoni, mentre nel 1932 il Comune acquista Ca’ Rezzonico: sarà destinato a museo del Settecento veneziano e qui dunque troveranno spazio, su progetto di Giulio Lorenzetti e Nino Barbantini, nel 1936, le opere settecentesche della collezione Correr, oltre ad altre acquisizioni. Nel 1945 Alvise Nicolò Mocenigo dona alla città la sua dimora a San Stae. La Casa di Carlo Goldoni, arricchita dai fondi del Centro Studi teatrali, viene allestita e aperta al pubblico nel 1952, mentre, nel 1956, Henriette Fortuny lascia al Comune la casa-atelier di Mariano e le sue collezioni. Nel 1975 apre quindi al pubblico il Museo Mariano Fortuny e sei anni dopo, a Burano, nasce il Museo del Merletto nell’antica Scuola di Andriana Marcello. Il Museo di Palazzo Mocenigo apre al pubblico nel 1985 e qui, nell’annesso Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, confluiscono, tra l’altro, le collezioni tessili del Correr. Negli anni novanta il sistema museale civico si completa rinnovando e unificando la struttura organizzativa di tutte le sedi sotto un’unica direzione.

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