5 settembre 1669

Dopo 22 anni di assedio i turchi prendono Candia. Il Capitano generale da Mar veneziano Francesco Morosini firma la resa con l'onore delle armi. Dopo le iniziali scaramucce, nel maggio del 1648 iniziò per Candia il vero e proprio assedio. I turchi impiegarono tre mesi per completare il blocco da terra e dal mare della città, cui tagliarono i rifornimenti idrici. Per i successivi 12 anni i turchi bombardarono incessantemente la città, senza riuscire ad aver ragione delle sue difese, rafforzate un secolo prima su progetto dell'architetto veronese Michele Sanmicheli, per quanto in parte compromesse dalla carenza di manutenzione. Nel 1660 affluirono in difesa di quell'ultimo baluardo cristiano contingenti di volontari francesi agli ordini di Almerico d'Este, anche se formalmente guidati dai cavalieri ospitalieri per non danneggiare i rapporti diplomatico-commerciali di Parigi con l'impero ottomano. Nel 1667 fu il Gran Visir in persona, Ahmed Köprülü, ad arrivare a Creta per condurre le operazioni d'assedio, che ricevette nuova linfa anche grazie ai preziosi consigli del colonnello veneziano disertore Andrea Barozzi. Da maggio a novembre 1667 avvennero 32 assalti e 17 sortite e morirono 3.200 veneziani e 20.000 turchi. Nel 1668 il contingente di circa 600 gentiluomini francesi di Le Feuillade arrivò a rinforzare le difese di Candia, rendendosi protagonista di valorose ma anche avventate sortite che ne causarono velocemente la decimazione: i circa 230 superstiti ripartirono per la Francia nei primi giorni del 1669. L'anno successivo arrivarono a Candia anche i 6.000 uomini di François de Beaufort e Philippe Nevailles: fu condotto un tentativo di spezzare l'assedio con un attacco congiunto da terra e dal mare del contingente francese e della flotta di Lazzaro Mocenigo, che però fallì. Il 24 luglio, durante tale tentativo, La Thérèse, nave da guerra francese da 900 tonnellate e 58 cannoni, affondò di fronte a Candia per un'esplosione accidentale della santabarbara: l'evento ebbe un effetto devastante sul morale dei difensori della città. Anche a causa di dissidi con i comandanti veneziani, ad agosto i francesi lasciarono Candia; rimasero solo 3.600 uomini validi a difendere i bastioni. Il 5 settembre 1669, dopo 22 anni di assedio, 29.000 caduti tra i difensori e 108.000 tra gli assedianti, il Capitano Generale da Mar Francesco Morosini, comandante delle forze veneziane, firmò la resa con l'onore delle armi e la possibilità per tutti i cristiani di lasciare la città senza portare nulla con sé. La firma della resa da parte di Morosini senza la preventiva autorizzazione del Senato veneziano costò a quest'ultimo non poche difficoltà al rientro in patria e nella successiva carriera politica, anche se seppe riscattarsi in seguito nella Guerra di Morea sino a guadagnarsi il soprannome di Peloponnesiaco e ad accedere alla dignità dogale. Un gran numero di ingegneri e artiglieri pratici hanno riassunto nei loro scritti l’esperienza acquisita nella difesa di Candia. Nella difesa di Candia, Da Villa applicò quello che fu poi chiamato il parallelo di Vauban. Menno Cugorn, pur non avendo partecipato alla difesa di Candia, studiò l’esperienza dell’uso delle batterie nascoste nella difesa di Candia e cercò di replicarla. Per Rimpler, l’esperienza acquisita nell’ultima fase della difesa di Candia nel 1669 si rivelò preziosa nella difesa di Vienna contro gli ottomani nel 1683. Rimpler formulò una strategia di difesa partendo dal presupposto che la minaccia principale sarebbe venuta dai minatori ottomani, come è successo a Candia. Luigi Marsigli, che osservò l’assedio di Vienna dalla parte ottomana, scrisse dell’assedio di Candia che “questo assedio portò un cambiamento nell’antica disciplina dei Giannizzeri, e nell’addestramento delle truppe nei modi di assediare le fortezze”. Secondo lo storico militare britannico Christopher Duffy “la difesa di Candia fu sotto ogni aspetto degna di essere classificata con l’epico assedio di Ostenda all’inizio del secolo sia come impresa che come accademia di ‘guerra di fortezza’ per una nuova generazione di ingegneri”.
Si dice che papa Clemente IX cadde malato nell'ottobre di quell'anno alla notizia della caduta di Candia: morì nel dicembre 1669.