Storia e leggenda dei Veneti

Una storia lunga 3000 anni    OGGI ACCADDE


30 maggio 1123

Battaglia di Ascalona, nel 1122 il Doge di Venezia Domenico Michiel aveva lasciato la città lagunare al comando di una potente flotta diretto in Oriente per soccorrere il regno gerosolimitano, il cui re Baldovino II era caduto prigioniero dei musulmani. La spedizione guidata personalmente dal doge il quale lasciò il governo nelle mani del figlio Leachim e di un suo omonimo (con il quale, sembra, non fosse imparentato). Sentendosi minacciato, l’imperatore bizantino Giovanni II Comneno II decise di sospendere i privilegi veneziani e in risposta la flotta deviò sull'isola di Corfù stringendo d'assedio il capoluogo. L'attacco durò più del previsto e, in ultima, dovette essere interrotto quando giunse la notizia che Baldovino II era caduto prigioniero dei Saraceni. A questo punto la flotta riprese la rotta per la Terrasanta e il 30 maggio 1123 sconfissero nel mare di Ascalona una squadra egiziana inviata in aiuto delle truppe che assediavano Giaffa. Una volta scese a terra, i Veneziani si unirono ai crociati e liberarono la città dalla stretta nemica. A questo punto crociati e Veneziani presero a discutere su come procedere con le operazioni. I primi avrebbero preferito attaccare Ascalona, presso il confine con l'Egitto, ma gli altri ritenevano più tattico conquistare Tiro, importante porto commerciale posto all'inizio della via commerciale diretta al golfo Persico. Secondo quanto riferito da Guglielmo di Tiro si decise di affidare la scelta alla sorte che favorì l'esercito del doge. Sul finire del 1123 il Michiel si spostò a Gerusalemme e qui, dopo aver assistito alla celebrazione del Natale stipulò con il patriarca Gormond il cosiddetto Pactum Warmundi: il prelato, che faceva le veci di re Baldovino ancora prigioniero, assegnava ai Veneziani un quartiere in ogni città del Regno, riduzioni ed esenzioni di imposte, il diritto di utilizzare i propri pesi e misure e di giudicare i propri cittadini (i medesimi privilegi venivano estesi anche nel Principato di Antiochia); inoltre, in caso di vittoria, veniva loro concesso un terzo delle città di Tiro e Ascalona e dei rispettivi territori. Il patriarca e i baroni del Regno si impegnarono infine a far confermare il Pactum da Baldovino una volta liberato (cosa che effettivamente accadde nel 1125). Dopo la sottoscrizione del trattato, il 15 febbraio 1124 la flotta veneziana salpò da Acri e iniziò ad assediare Tiro. A luglio i Musulmani si arresero ed ebbero in cambio la vita. Il successo suscitò grande gioia tra i Cristiani e, secondo una notizia poco attendibile, alcuni, dubitando del ritorno di Baldovino, avrebbero offerto al Michiel la corona del Regno.


30 maggio 1378

Il primo scontro tra Genovesi e Veneziani avvenne a Capo d'Anzio, alle foci del Tevere, tra l'ammiraglio veneziano Vettor Pisani, Capitano Generale da Mar, al comando di quattordici galee, e una squadra genovese di 16 galee comandate da Luigi del Fiesco. Il conflitto tra Genova e Venezia per il controllo del commercio nel Levante era latente da lungo tempo, con una sorda rivalità che esplodeva in periodiche fiammate di violenza, ma che in realtà si combatteva soprattutto nel campo della diplomazia e del commercio. Venezia, in particolare, un tempo egemone sulle rotte orientali, vedeva con irritazione sempre maggiore l'accresciuta potenza della rivale, che, forte dell'appoggio ricevuto nel secolo precedente dagli imperatori Paleologi, aveva creato una rete di empori e di colonie in grado di competere con il commercio veneziano. Venezia aveva conseguito un importante successo nel 1352, quando, a fronte di un prestito di 30 000 ducati concesso nel 1343, aveva ricevuto in pegno dall'imperatore Giovanni Paleologo l'isola di Tenedo, scalo strategico per i traffici provenienti dal Bosforo e dal Mar Nero, a lungo ambito da entrambe le potenze marittime. Accresciutosi poi il debito alla cifra di ben 80 000 ducati, l'imperatore s'indusse infine a concedere definitivamente l'isola a Venezia nel 1364.
A Capo d'Anzio, alle foci del Tevere In questo scontro la flotta veneziana attaccò di sorpresa la flotta genovese durante una burrasca e la sbaragliò, catturando 4 galee e facendo numerosi prigionieri. Dopodiché i legni di Venezia fecero vela verso l'Oriente. La notizia della sconfitta produsse grande agitazione in Genova: il doge Domenico da Campofregoso fu deposto e sostituito da Niccolò da Guarco, mentre una flotta guidata da Luciano Doria entrò nell'Adriatico per aiutare le truppe del Patriarca di Aquileia e quelle di Francesco da Carrara, che, sostenuti dall'armata ungherese, avanzavano da terra verso la laguna, senza però ottenere risultati notevoli. L'arrivo della flotta genovese in Adriatico costrinse Vettor Pisani ad abbandonare l'assedio di Famagosta, dove tentava di scacciare la guarnigione genovese, per prestare soccorso alla madrepatria, lasciando a combattere nell'Egeo le forze di Carlo Zeno: sulla rotta del rientro la flotta veneziana diede alle fiamme Focea e i quartieri genovesi di Chio e Mitilene, conquistando Cattaro e Sebenico, prima di attaccare Traù, dove erano attestate le forze di Doria. L'impossibilità di forzare le difese del porto spinse però Pisani a ritirarsi a Pola per le necessarie riparazioni, mentre i Genovesi sostarono per l'inverno a Zara.