Storia e leggenda dei Veneti

Una storia lunga 3000 anni    OGGI ACCADDE


23 maggio 1732

il Consiglio dei Dieci deliberò che tutta Venezia fosse illuminata e ordinò l'installazione in zona Mercerie e San Marco dei primi 843 “ferài” (fanali), lampade pubbliche alimentate a olio difese da un bulbo di vetro e infisse ai muri dei palazzi che dovevano restare accese fino all’alba. Venezia fu quindi una delle prime città a dotarsi di una primitiva illuminazione pubblica, pagata attraverso una tassa speciale che gravò su tutti i cittadini, compresi i nobili ma esclusi i più poveri. All’accensione, spegnimento e corretto funzionamento dell’impianto provvedevano, sempre per ordine del magistrato, gli “impissaferai” o “impizadori”, che utilizzavano i vari tipi di olio in commercio: l’olio di balena, di lino, di rapa, ma anche quello ottenuto dalla spremitura delle olive, il migliore e di conseguenza anche il più costoso di tutti. I ferài venivano costruiti dai feraleri, riuniti nell’omonima scuola che aveva sede presso la chiesa di San Zulian. Risale al 1128 un provvedimento adottato dalla città per l’illuminazione delle strade e dei canali bui di Venezia, che portò alla costruzione dei primi lumi in grado di far luce nelle ore notturne: il doge Domenico Michiel ordinò che nelle ore notturne, nelle zone meno sicure, ci fossero dei “cesendelli impizadi”, cioè delle “piccole lucciole”, dei piccoli fanali ad olio appesi ai muri delle case. Tutte le spese furono a carico della Repubblica, mentre la manutenzione fu affidata ai parroci ai quali si chiese di far installare anche piccoli capitelli votivi, che avrebbero dovuto ardere tutta la notte per “infondere” coraggio ai viandanti. Ma tale provvedimento, pur rispondendo in parte alle esigenze di allora, non riuscì a soddisfare il bisogno di una maggiore illuminazione. Nel 1450 l’aumento del numero di aggressioni notturne spinse la Serenissima a decretare una legge che rendeva obbligatorio l’uso di un lume a chi si inoltrasse per la città nelle ore notturne. Fu così che nacque la figura del “còdega”, un mestiere umile, popolare, una sorta di accompagnatore “illuminante” notturno, il quale – dietro compenso e munito di lanterna – guidava verso casa i nobili e i ricchi di ritorno da uno spettacolo a teatro o da una festa. Un termine ancora oggi in uso perché quando si vuole far notare a una persona di essere “di troppo” e fare il terzo incomodo si utilizza l’espressione veneziana "far el còdega", cioè reggere il moccolo.1732. Anticipando di quasi mezzo secolo altre grandi città italiane, il Consiglio dei Dieci delibera che tutta Venezia venga illuminata e ordina l’installazione dei primi ferai (fanali) alimentati ad olio di oliva in zona Mercerie e San Marco. Ancora una volta si tentava di porre rimedio ai problemi legati alla sicurezza notturna. Ma quelle fiammelle palpitanti rendevano l’atmosfera così romantica da attrarre un sempre maggior numero di visitatori stranieri. Tuttavia, siccome l’illuminazione era a carico dei privati (fu istituita una tassa speciale che esonerava solo i più poveri), molte zone restarono ancora per molto tempo al buio. Finalmente nel 1732, anticipando di quasi mezzo secolo altre grandi città italiane, il Consiglio dei Dieci delibera che tutta Venezia venga illuminata e ordina l’installazione dei primi ferai (fanali) alimentati ad olio di oliva in zona Mercerie e San Marco. Ancora una volta si tentava di porre rimedio ai problemi legati alla sicurezza notturna. Ma quelle fiammelle palpitanti rendevano l’atmosfera così romantica da attrarre un sempre maggior numero di visitatori stranieri. Tuttavia, siccome l’illuminazione era a carico dei privati (fu istituita una tassa speciale che esonerava solo i più poveri), molte zone restarono ancora per molto tempo al buio. Bisogna aspettare un altro secolo prima che i ferài ad olio vengano sostituiti dalle lampade a gas: nel 1839 la Congregazione municipale stipulò un contratto per la fornitura del gas con la ditta francese “De Frigière, Cottin et Montgolfier-Bodin” (da tutti chiamata semplicemente "La Lionese"). La società si assunse l’incarico di diffondere il nuovo combustibile a tutta la città entro sei anni e di aggiungere altri 1.500 fanali ai 1.368 già esistenti: si trattava di lanterne infisse mediante ferri alle facciate dei palazzi, o di luci sospese su elaborati pali verticali in fusione di ghisa, indicati col termine di lampioni o candelabri. Nel 1843 il gas, chiamato “sole della notte”, fu usato per la prima volta per illuminare Piazza San Marco: in quello stesso anno tutte le lampade pubbliche vennero trasformate e l’olio venne sostituito dal gas. Fu subito un successo. Il servizio di accensione e spegnimento delle fiamme veniva svolto a mano servendosi di lunghe pertiche in grado di aprire o chiudere il rubinetto di fuoriuscita del gas. Solo a partire dagli inizi del XX secolo si collocarono in ogni fanale orologi automatici a molla con carica della durata di una settimana. Nel 1886 l’elettricità segna la vera svolta: prima si tenta un esperimento di illuminazione di un’area della Giudecca e di alcune case private, successivamente, nel 1922, il Comune decide di sostituire definitivamente il gas e inizia i lavori di razionalizzazione delle rete finché, nel 1927, tutti i ferài vengono riconvertiti a energia elettrica. Dal 2011, le lampade sono state sostituite da sorgenti led a basso consumo energetico e oggi, nel territorio del Comune di Venezia, i punti luce complessivi sono 61.214 (42.185 in terraferma; 10.426 in centro storico e 8.603 nelle isole). L’accensione e lo spegnimento degli impianti di illuminazione pubblica avviene attraverso dei dispositivi orari a regolazione astronomica installati nei quadri elettrici dedicati, che si programmano automaticamente secondo il periodo stagionale di riferimento.