Storia e leggenda dei Veneti

Una storia lunga 3000 anni    OGGI ACCADDE


25 maggio 1299

Con la mediazione di Matteo Visconti, Vicario Imperiale e Capitano Generale di Milano, viene firmata una tregua tra le Repubbliche Marinare di Venezia e Genova. Per parte Veneziana firmano Romeo Querini e Gratono Dandolo e per parte genovese Corrado Spinola e Lamba Doria Capitani del Popolo. Finalmente, dopo un quarantennio di tregue o armistizi, più o meno armati e guerreggiati – non è poi tanto una contraddizione –, si arriva alla pace, propiziata da Matteo Visconti, vicario imperiale in Lombardia, stipulata a Milano. Chi volesse trovarvi sostanziali novità andrebbe fatalmente deluso. Il testo è introdotto da un’ampia e abbastanza generica narratio, che enumera puntigliosamente le tante depredationes, captiones personarum, robarie, homicidia, danna, bella et iniurie provocati da entrambi i contendenti, i pericoli che il perdurare delle ostilità avrebbe potuto causare, non solo alle parti in causa ma anche a tutte le genti, l’amor fructuosus et grandis, caratterizzante le antiche e buone relazioni intrattenute dalle due avversarie con Milano, cui seguono in dettaglio i nomi dei membri delle due delegazioni, accompagnate da un notaio di fiducia, e un’ampia, e altrettanto generica, formula d’onore rivolta, oltreché ai santi patroni delle tre città, allo stesso Visconti. Le clausole sono poche, ridotte all’essenziale, espresse in forma oggettiva, in genere conglobate in un testo unico, largamente debitore, nella struttura, a formulazioni precedenti già esaminate: una solenne dichiarazione di pace e di remissione totale de omnibus et singulis iniuriis, inimiciciis, offensionibus, homicidiis, dannis, guastis, depredationibus, occupationibus, invasionibus et excessibus, compresi quelli perpetrati nella Romània, non estensibile, naturalmente, ad evitare equivoci e frodi, ai contratti di diritto privato per i quali si rinvia, come pure per eventuali atti di ostilità compiuti in seguito da singoli, alla giustizia ordinaria, con le stesse modalità, redatte distintamente, in forma sinallagmatica, di cui agli accordi precedenti; rilascio dei prigionieri nel giorno fissato dallo stesso vicario, ma solo dopo la ratifica e il giuramento di osservanza da parte dei rispettivi organi di governo, nonché, da parte veneziana, la prestazione delle fideiussioni. Seguono le consuete eccezioni: mano libera di Venezia contro l’impero bizantino e nelle acque dell’Adriatico; di Genova contro Pisa, ormai abbandonata alla sua sorte, nel Tirreno, con limitazione al traffico navale nelle proprie sfere d’influenza in tempo di guerra; il ben noto impegno a non offendersi reciprocamente, cui dovevano sottostare i patroni delle navi in uscita dai rispettivi porti, anch’esso articolato in due obbligazioni distinte; prestazioni di idonei fideiussori, le città di Padova e Verona per Venezia, di Asti e Tortona per Genova; pena di 50.000 marche d’argento per gli inadempienti, accompagnata dalle tradizionali clausole di diritto privato; ratifica e giuramento di osservanza; redazione di diversi esemplari, due per mano di notai milanesi, due veneziani, uno dei quali tuttavia, Nicola de Girardo, di Chioggia, nominato tra i membri della missione, stranamente non si sottoscrive, uno di mano genovese.