20 gennaio 1368

Andrea Contarini nasce a Venezia, 1300/1302, muore a Venezia, 5 giugno 1382 è stato il 60º doge della Repubblica di Venezia viene eletto il 20 gennaio 1368, successe a Marco Corner. Fece arrivare un messaggio a ciascuno dei quarantuno elettori diretti del doge spiegando che non aveva nessuna voglia di assumere la carica. Nonostante i suoi sforzi, risultò eletto (la carica, va opportunamente ricordato, non si poteva rifiutare), ma qualsiasi tentativo di rintracciarlo fu vano. Fu ritrovato nascosto a Padova. Agli inizi del suo dogato l'assalto di una galera veneziana da parte dei Triestini provocò la reazione militare dei Veneziani che assediarono Trieste costringendola alla resa nel novembre 1369. Più tardi Venezia acquistò Trieste da Leopoldo d'Austria. Nel 1372 Venezia mosse guerra ai Carraresi di Padova, sconfiggendoli nonostante l'aiuto delle truppe ungheresi. Alle trattative di pace che seguirono partecipò Novello da Carrara accompagnato dal Petrarca. Il 10 ottobre 1373 una lite avvenuta a Famagosta fra i diplomatici che rappresentavano Venezia e Genova all'incoronazione di Pietro II Lusignano come re di Cipro provocò la riapertura delle ostilità fra le due città. Con Genova si coalizzarono i Carrara di Padova, Aquileia e gli Austriaci; i Veneziani potevano contare sull'aiuto bizantino. Il 30 maggio 1378 l'ammiraglio veneziano Vittor Pisani sconfisse il genovese Luigi Fieschi nei pressi di Azio, ma l'anno successivo subì a sua volta una grave sconfitta ad opera di Luciano Doria, tanto da essere processato e condannato a sei mesi di prigione. Genovesi e Padovani si avvicinarono pericolosamente a Venezia occupando Malamocco ed intercettando i rifornimenti, ma i Veneziani reagirono riorganizzando la flotta. Vittor Pisani venne liberato, riprese il comando insieme al doge, ed il 24 giugno 1380 le forze genovesi in campo vennero debellate. Venezia aveva vinto ma le condizioni del trattato di pace dell'8 agosto 1381, imposto dal papa Urbano VI e da Amedeo VI di Savoia, le furono alquanto sfavorevoli dovendo cedere la Dalmazia ed altri territori all'Austria e all'Ungheria. Andrea Contarini morì il 5 giugno 1382 e fu sepolto nella chiesa di Santo Stefano. Fu suo successore nel dogato Michele Morosini.


20 gennaio 1646

Dopo 23 scrutini venne eletto Francesco Molin di quasi 71 anni, con una carriera tutta militare alle spalle, in Adriatico era stato “capitano general da mar” contro i pirati turchi ed uscocchi, nella terra ferma era stato provveditore generale e sul Garda nelle battaglie contro la Spagna era stato provveditore d’armata, fino a raggiungere la massima carica di procuratore di San Marco. Scoppiata l’ultima guerra contro i turchi fu nuovamente investito della carica di “capitano general da mar” ma ammalatosi di gotta dovette sbarcare a Corfù e rientrare in patria. La perdita di Canea ebbe un’eco talmente forte che Venezia, temendo anche per la stessa laguna fece fortificare Malamocco, parte del Friuli e della Dalmazia, con una spesa di 74.000 ducati. Per sostenere tali spese venne deliberato che 67 famiglie vangano iscritte nel “Libro d’Oro”, cioè al Veneto patriziato, prèvio versamento di centomila ducati all’erario. Sono famiglie di vari ceti cittadini. L’ Arsenale lavorò giorno e notte con turni da girone di inferno dantesco pur di fornire navi da dislocare nei punti strategici al fine di bloccare i rifornimenti ai turchi nell’assedio di Creta.I turchi dal canto loro spostarono le scorribande in Dalmazia. Tutto sommato però, le tensioni si erano spostate dalla terraferma, dove la Repubblica di solito più che vincere riusciva ad impantanarsi, al mare dove invece aveva più dimestichezza. Le cronache riportarono gesta eroiche di personaggi dall’indiscussa capacità come :Tommaso Mocenigo che da solo con qualche galera di scorta riuscì a tener testa a 47 navi turche; Lazzaro e Alvise Dolfin che sbaragliarono una squadra ottomana a Paros o come Giuseppe Dolfin e Daniele Morosini che tentarono addirittura di forzare i Dardanelli per arrivare a Costantinopoli. Con le vittorie marinaresche anche le vicissitudini terrestri che, non fossero contro signorie italiane, iniziarono ad andar meglio tanto che il generale Leonardo Foscolo riuscì a bloccare l’offensiva ottomana e conquistare la fortezza di Clissa che fu scontata dal bailo di Costantinopoli Giovanni Soranzo al quale costò la prigionia in una torre e dall’ambasciatore Giovanni Cappello sul quale si ritorsero mille umiliazioni e persecuzioni fino alla morte ( giustificata dal sultanato come suicidio). La nuova guerra stava nuovamente sfiancando le casse erariali ed ecco allora ancora una nuova scappatoia non molto ortodossa: la procuratia ha il prezzo definitivo, ufficiale e legale di 20.000 ducati. Per di più si tenta di far passare una legge che preveda anche la vendita del titolo di Nobil Homo (N.H.) o Nobil Donna (N.D.) per le signore che non fossero riuscite a diventarlo di riflesso (nda: si legga cortiggiane) contro un corrispettivo di 60.000 ducati. Pazienza per la carica di procuratore ma davanti alle nuove iscrizioni si sollevarono i vecchi patrizi divenuti indigenti per molti motivi, non solo la perdita dei commerci o di navi gestite in proprio ma per aver elargito alla Repubblica pensando alla causa comune. La prima proposta non riuscì a passare, passò la seconda (nda: dalla quale derivò un detto, trasformato in barzelletta più volgare in tempi più recenti - “careghe ghe ne xe, xe i bessi che manca” - sedie ce ne sono, sono i soldi che mancano). Il senato ed il Maggior Consiglio avrebbero valutato di caso in caso e l’onorabilità del richiedente con una tassa di 100.000 ducati. L’ effetto fu sconvolgente! Interi antichi casati sostenitori di una Venezia coesa caddero nel dimenticatoio per lasciar posto a nuovi ricchi che nella Repubblica, ormai decadente, vedevano solo il profitto personale attraverso l’assunzione di importanti cariche. Francesco Molin, più uomo d’arme che politico non badò molto a quest’aspetto, l’importante per lui fu poter far quadrare il bilancio, non badando agli aspetti futuri di quelle decisioni. La calcolosi che lo perseguitava da prima della sua elezione e che gli faceva mordere un fazzoletto durante le udienze, quando le coliche lo attaccavano, se lo portò via il 27 febbraio 1655. Una saccente e rancorosa pasquinata appesa al “gobbo di Rialto”, descrisse così il defunto doge affatto insensibile ad un buon bicchiere di vino :

...xe morto el nostro duca che tenea assae più vin che sal in succa.
Udite un gran portento:
maxenò più bocali che formento,
xa che gli era un Molin,
no da vento, nè da acqua, ma da vin.
(E’ morto il nostro duca /che teneva assai più al vino che al sale in zucca./Udite un gran portento:/ macinò piùv boccali che frumento/ già che era un Molino/ non a vento, nè ad acqua, a vino)