11 gennaio 1771

Alle 23, si staccò una frana dal monte Piz, ostruendo il corso del torrente Cordevole formando il lago di Alleghe. Alle 23, si staccò una frana dal monte Piz. Quel giorno aveva nevicato moltissimo, era molto umido e c’erano i segni di una frana imminente. Gli abitanti erano preoccupati. Il Piz, quel giorno, non perse solo la punta ma anche una parte del nome: fino al quel momento, infatti, si chiamava Spiz, “appuntito”, ma la frana cambiò per sempre il suo aspetto e quello del paese costruito ai suoi piedi. La frana ostruito il corso del torrente Cordevole formando una diga naturale. Le tre frazioni di Riete, Marin e Fusine furono sommerse. Si salvarono in 18 e, dai calcoli della magistratura veneziana, le vittime furono 52 su una popolazione che prima della frana contava 1114 abitanti. Sessanta case, con relativi fienili e animali, furono distrutte dall’acqua che cresceva al ritmo di 68 centimetri all’ora. Altrettanto devastanti furono gli effetti della frana che si staccò a maggio dello stesso anno. Il lago aveva ormai raggiunto il livello attuale e i massi provocarono un’onda che provocò vittime e danni. Si narra che ancora oggi, talvolta, si sentano suonare le campane sommerse. «Questa, più che storia, è una leggenda nell’antico gonfalone dei Battuti oltre alle persone ritratte c’è una piccola chiesa. È probabile che sia andata distrutta dall’ondata». Tragedie dalle quali Alleghe seppe rialzarsi trasformandole in opportunità. Una volta formatosi il lago, si sono create anche delle nuove professioni, come per esempio i costruttori di barche. Per insegnare il mestiere venne un maestro d’ascia da Venezia. L’ultimo costruttore è morto alcuni anni fa: ha tramandato il suo sapere ad alcuni giovani. Oltre alla lavorazione del legno per costruire barche, il lago portò sviluppo turistico. Fino a qualche anno fa, inoltre, c’erano anche i pescatori di anguille. I pesci partivano dal Mar dei Sargassi, arrivando fino ad Alleghe. Questo successe fino agli anni ’40, quando l’unico sbarramento del lago di Alleghe era quello che si era creato naturalmente in seguito alla frana. Inizialmente si pensò di aprire la diga naturale con l’esplosivo ma il progetto, forse troppo costoso, venne abbandonato. Rimase quindi uno sbarramento di terra e sassi che negli anni ’40 fu trasformato in una diga di cemento. Le anguille, però, non riuscirono più a risalirla.


11 gennaio 1846

Viene inaugurato il ponte ferroviario che unisce Venezia alla terraferma. Il Ponte della Libertà, è il ponte stradale e ferroviario lungo circa quattro chilometri (circa 3.850 metri) che collega la terraferma con il centro storico della città di Venezia. Rappresenta l'unica via d'accesso per il traffico veicolare a Piazzale Roma e all'Isola del Tronchetto come per il traffico ferroviario alla Stazione di Venezia Santa Lucia. Nel 1846, quando Venezia faceva parte del Regno Lombardo-Veneto e quindi dell'Impero Austro-Ungarico, era già presente una linea ferroviaria che collegava la città alla terraferma. Il ponte, che a quell'epoca era il più lungo del mondo e i cui lavoro vennero diretti dall'ingegnere Noale, venne inaugurato l'11 gennaio 1846 e aperto al pubblico il giorno 14 gennaio. Nel 1931 l'ingegnere Eugenio Miozzi progettò di affiancare al tratto ferroviario quello stradale. Nel 1933 fu inaugurato, con il nome di Ponte Littorio dai principi di Piemonte Umberto e Maria José, alla presenza di Benito Mussolini. Alla fine della seconda guerra mondiale fu ri-nominato con l'odierno nome che vuole ricordare la liberazione dal nazi-fascismo. Negli anni '70 del XX secolo venne ampliato il ponte ferroviario, originariamente solo a due binari. Oggi il ponte è costituito da due corsie per senso di marcia riservate agli autoveicoli, affiancate da due larghi marciapiedi che hanno anche funzione di pista ciclabile; sono inoltre presenti i binari della linea tranviaria che collega Venezia con il centro di Mestre.