27 febbraio 1511

il Carnevale è al culmine. È il giorno del giovedì grasso(Joibe Grasse in friulano oppure Crudel zobia grassa in veneto), e la città di Udine è affollata di gente giunta anche dai villaggi vicini. Di ritorno da una perlustrazione fuori città, una colonna di contadini delle Cernide si trova al centro di uno scontro tra i partigiani delle due fazioni nobiliari. È la scintilla che fa scoppiare l’insurrezione: in breve gli uomini delle Cernide, con il sostegno dei popolani udinesi e dei contadini giunti da fuori città, danno l’assalto ai palazzi nobiliari e li espugnano uno dopo l’altro, saccheggiandoli e incendiandoli. Si scatena una vera e propria caccia all’uomo nei confronti degli esponenti delle principali famiglie nobili friulane e dei loro sostenitori in cui perdono la vita diversi esponenti di spicco degli Strumîrs. Mentre il luogotenente veneziano si rifugia in castello, Udine rimane per tre giorni nelle mani dei contadini e dei popolani friulani. Per riportare la calma a Udine si deve aspettare l’arrivo in città delle truppe veneziane. Mentre a Udine il fuoco dell’insurrezione va esaurendosi, la rivolta dilaga nel resto del Friuli dove i contadini espugnano, saccheggiano e incendiano numerosi castelli e palazzi nobiliari. Di fronte ad un’insurrezione che si espande a macchia d’olio, la nobiltà friulana e le autorità veneziane si compattano e, dopo una vittoria ottenuta sui magredi del Cellina, riescono a ristabilire la calma quasi ovunque. La peste e il terremoto che poco più tardi si abbattono sul Friuli completano l’opera. In alcune giurisdizioni, tuttavia, gli scontri sembrano proseguire ancora a lungo. Gli Strumîrs tentano di attribuire tutte le responsabilità dell’insurrezione ad Antonio Savorgnan, ma l’inchiesta del delegato di Venezia, Andrea Loredan, lo solleva invece da responsabilità dirette accrescendo, in tal modo, la rabbia dei suoi avversari. Il Savorgnan, tuttavia, non si sente più al sicuro e decide di passare al campo imperiale. Nemmeno il repentino cambiamento di schieramento serve però a salvargli la vita; la vendetta dei suoi avversari, infatti, lo colpisce nel marzo 1512 a Villacco. La rivolta del 1511 rappresenta dunque l’episodio culminante, ma non conclusivo, di un conflitto sociale e politico che ha radici lontane. I rappresentanti delle comunità rurali friulane riescono a tessere una rete che cerca di condizionare il loro appoggio a Venezia sulla base del rispetto dei propri diritti e degli usi tradizionali. È proprio questa capacità “politica” che porterà Venezia a riconoscere il diritto ad una rappresentanza permanente delle comunità rurali friulane, che diversi anni più tardi verrà istituzionalizzata con il nome di Contadinanza.