2 febbraio 935

Nella Chiesa di San Pietro di Castello venivano benedette 12 giovani fanciulle e i loro rispettivi sposi, coppie che sarebbero convolate a nozze entro l'anno. Le spose venivano adornate con preziosi vesti e opulenti gioielli donati dalle famiglie nobili della città: i monili venivano custoditi in piccoli contenitori in legno, detti arcelle, realizzati per l'occasione e abilmente intagliati da esperti artigiani. I nobili partecipavano anche con laute donazioni, al fine di costruire la dote nuziale delle fanciulle, sempre appartenenti al popolo e quindi senza grandi mezzi. La cerimonia era molto sentita, non soltanto per la valenza religiosa, ma perché mirava ad incrementare i matrimonio in una città non molto popolata, ma soprattutto a creare un legame non solo apparente tra i ceti meno abbienti della società e le alte sfere della nobiltà. La manifestazione poi metteva in risalto la figura femminile, molto spesso relegata ad un piano inferiore, esaltando il suo ruolo anche come moglie e madre, come se le sorti della società dipendessero da loro. E ancora, rendeva protagonista di una celebrazione così sentita proprio il popolo che godeva di pochi spazi e rari svaghi: una sorta di placebo ma di cui la popolazione stessa aveva il suo buon tornaconto, continuando pur tuttavia a mantenere vivo il sentimento di riconoscimento verso le famiglie ricche della Repubblica. Le cose andarono bene fino al 935, quando durante la cerimonia a Castello, un gruppo di pirati istriani rapì le fanciulle, attirati dai loro gioielli. L'avvenimento sconvolse tutti i veneziani ma non impedì loro di farsi giustizia: complice la poca astuzia dei pirati che si trattennero in Laguna a spartirsi il bottino invece di fuggire lontano, una spedizione di veneziani partì subito all'inseguimento dei malfattori. Intercettati a Caorle, gli istriani furono uccisi e le ragazze con la preziosa refurtiva furono riportate ai loro sposi e alle loro famiglie. I liberatori furono accolti con entusiasmo e riconoscenza, e il Doge, Pietro III Candiano, chiese loro come volessero essere ricompensati per l'eroica impresa. Questi, che appartenevano alla Parrocchia di Santa Maria Formosa, unica dedicata al culto di Maria, chiesero che il valoroso gesto fosse ricordato ogni anno con una visita solenne alla Vergine. Il Doge accettò la richiesta e l'appuntamento fu introdotto nel calendario dei suoi impegni ufficiali, e la Chiesa divenne luogo della manifestazione popolare. Da quel terribile episodio fu stabilito, inoltre, che invece di celebrare lo sposalizio delle coppie, la festa diventasse l'occasione di un aiuto concreto per le ragazze povere: 12 ragazze, scelte da un fortuito sorteggio, venivano affidate ad altrettante nobili famiglie che avrebbero provveduto a loro e alla loro dote, conducendole fino al matrimonio. La festa così stabilita aveva sempre il suo principio a San Pietro di Castello, dove il Vescovo donava benedizione alle fanciulle, per poi proseguire con la processione fino a San Marco per la cerimonia alla presenza del Doge all'interno della Basilica. E ancora, si continuava con un banchetto a Palazzo Ducale ed una sontuosa sfilata sul bucintoro lungo il Canal Grande tra ali di folla festante che gremiva rive e affacci di palazzi, per concludersi poi con l'omaggio alla Vergine a Santa Maria Formosa.


2 febbraio 1769

Papa Clemente XIII, colpito da apoplessia, muore a Roma nella notte del 2 febbraio 1769. Carlo Della Torre di Rezzonico nacque a Venezia il 7 marzo 1693 da Gian Battista e da Vittoria Barbarigo. La sua famiglia era originaria di Como: il ramo paterno si era trasferito a Venezia nel 1640, dove si era arricchito enormemente col commercio, tanto da poter comprare, nel 1687, l’ammissione nel Libro d’oro della nobiltà veneziana per la ragguardevole somma di 100.000 ducati. A dieci anni Carlo fu mandato a studiare a Bologna nel collegio di S. Francesco Saverio, retto dai Gesuiti, dove restò otto anni. Studiò poi per due anni all’Università di Padova, dove si laureò “in utroque iure” il 30 settembre 1713. Nello stesso anno si trasferì a Roma per intraprendere la carriera curiale ed entrò nell’Accademia ecclesiastica dove proseguì gli studi giuridici. Il 28 maggio 1716 fece il suo ingresso in Curia, in qualità di protonotario apostolico partecipante e, nello stesso anno, fu nominato da Clemente XI governatore di Rieti; nel 1721 passò al governo di Fano. Nel 1723 Innocenzo XIII lo richiamò a Roma come ponente nella Congregazione della Sacra Consulta. Nel 1728, alla morte di Federico Cornelio, auditore veneto alla Sacra Rota, gli subentrò in questa importante carica. Il 20 dicembre 1737 fu creato cardinale. Il 19 marzo 1743 divenne vescovo, la consacrazione avvenne a Roma, per mano di Benedetto XIV Il Rezzonico verrà lodato per la sua dirittura morale, il suo zelo pastorale, l’attenzione severa rivolta alla disciplina e ai costumi del clero e dei fedeli. Tra la fine del 1749 e l’estate del 1751, il Rezzonico fu a Roma per trattare, in nome di Venezia, la complessa questione del patriarcato di Aquileia. Nel 1749, Benedetto XIV aveva deciso provvisoriamente di nominare un vicario “in partibus Imperii” con residenza a Gorizia, ma la Repubblica era fortemente avversa anche a questa soluzione e nel dicembre 1749 inviò a Roma il Rezzonico per riprendere le trattative. Il Rezzonico si mosse in modo incerto e contraddittorio. Alla fine fu proprio il cauto Rezzonico a trovare un accordo con il Millini sulla base di una mediazione francese, che prevedeva la soppressione del patriarcato e la creazione di due vescovati, a Udine e a Gorizia. La Repubblica fu assai grata al Rezzonico ed in quell’occasione suo fratello Ludovico fu creato senatore. Il 15 maggio 1758 ci fu il conclave: vi entrarono allora solo ventisette dei quarantaquattro cardinali che, alla fine, vi parteciparono. I cardinali creati da Benedetto XIV erano in schiacciante maggioranza, ben trentasette, ma non formavano un gruppo omogeneo: solo una parte di essi si riunì intorno allo spagnolo Portocarrero, e fra essi il Torrigiani. Un altro gruppo, piccolo ma compatto, formato da cinque o sei cardinali era guidato dal Corsini. Il quadro degli schieramenti era completato poi dai cardinali legati alle varie potenze. La candidatura dello Spinelli naufragò subito, grosso successo ebbe invece quella del Cavalchini, ma i francesi si opposero. Questo gesto creò molto risentimento fra i cardinali, e compromise definitivamente ogni candidatura filofrancese. A questo punto, il Corsini avanzò la candidatura Rezzonico che era il personaggio ideale per un’operazione di compromesso: poco conosciuto a Roma, aveva fama essenzialmente di uomo pio, senza particolari caratterizzazioni di partito. Si era così formato un consistente schieramento a favore del Rezzonico, quando il 29 giugno entrò in conclave l’ultimo rappresentante delle potenze, il cardinale austriaco Rodt, che fece definitivamente pendere la bilancia dalla parte del Rezzonico: questi, pur non essendo ai primi posti nella lista dei papabili, era gradito all’Austria per il comportamento tenuto nella questione di Aquileia. L’accordo fu dunque facilmente raggiunto e, nonostante le continue resistenze dei francesi, il Rezzonico fu eletto il 6 luglio 1758, con trentuno voti; la consacrazione avvenne il 16 dello stesso mese. La nomina del cardinale Torrigiani a segretario di Stato, legatissimo ai Gesuiti era dunque un segno del prevalere di questo partito, e vi contribuì probabilmente anche il gradimento austriaco. Da questo momento in poi la politica del papa si indirizzò verso la difesa ad oltranza della Chiesa e della fede secondo le istituzioni e i principi tridentini, di chiusura e ostilità verso le istanze di rinnovamento in seno al cattolicesimo, verso il giansenismo e verso l’illuminismo. Questa impostazione portò ad un comportamento rigido, privo di duttilità, di capacità di mediazione e di accortezza politica, proprio nel momento in cui nascevano le istanze di rinnovamento nell’opinione pubblica europea. La questione della Compagnia di Gesù, molto potente e molto conservatrice, inasprì i rapporti tra Santa Sede e le potenze europee che espulsero la congregazione da diversi stati. In particolare lo scontro con il Duvcato di Parma costò grandi perdite territoriali alla Santa Sede. L’intervento del cardinal nepote Carlo Rezzonico scongiurò una soluzione di compromesso, ma rimase inascoltato. Il papa convocò per il 3 febbraio il Concistor ma, colpito da apoplessia, morì a Roma nella notte del 2 febbraio 1769. È sepolto in S. Pietro, dove il nipote, senatore A. Rezzonico, gli fece erigere un monumento funebre dal Canova. Durante il pontificato di Clemente XIII il processo di rinnovamento segnò una battuta d’arresto. Il papa puntava ad una rigida difesa delle strutture tridentine e dei Gesuiti e si schierò decisamente contro giansenisti e cattolici illuminati. Sotto Clemente XIII divenne definitiva la condanna dell’illuminismo, che già negli ultimi anni del pontificato di Benedetto XIV stava maturando.