20 Luglio 1866

Battaglia di Lissa, uomini di ferro su navi di legno, hanno sconfitto uomini di legno su navi di ferro. Dal rapporto dell'ammiraglio Willelm von Tegetthoff, "Brogliaccio" di bordo della "Ferdinand Maximilian" Gli italiani hanno avuto due navi affondate e seicentoquaranta marinai annegati con esse, oltre a otto morti e quaranta feriti in combattimento. Gli austriaci trentotto morti e centotrentotto feriti. L’ammiraglio italiano, scombussolato e fuori di sé, esitò nell’inseguire il nemico, così gli austriaci se ne andarono indisturbati e Persano non approfittò delle otto ore di luce a sua disposizione prima del tramonto, per mettersi a caccia di Tegetthoff e attaccarlo. L’infausta giornata si concluse con il ritorno, alle 22.30, di alcune navi italiane nelle acque della battaglia per raccogliere quei naufraghi di cui fosse stato possibile ancora il salvataggio. Nella primavera del 1867 l’ammiraglio Persano venne messo sotto processo per la sconfitta di Lissa. Alcuni fatti che non si trovano nei libri di storia nostrani:
1) – L’ammiraglio comandante Willhelm von Tegettoff, benchè fosse in tutto e per tutto un Deutschosterreicher, era registrato a chiare lettere nell’apposito registro come Guglielmo Tegetthoff – e questo lo si può ancora vedere presso l’archivio dell’attuale Collegio Navale Francesco Morosini di Venezia.
2) – Tutti gli ufficiali erano a perfetta conoscenza della lingua Veneta, al punto che gli ordini venivano in lingua Veneta! NOTA. Nell’I.R. Marina Austro-Ungarica la lingua d’uso dagli ufficiali ai marinai fu sempre, fino al 1918, la lingua Veneta, nonostante i vani tentativi dell’ammiraglio Horty di introdurre la lingua ungherese.
3) – Il Nocchiero che era al timone della ammiraglia Austriaca, la “Ferdinand Maximilian”, e che speronò affondandola l’ammiraglia la “Re d’Italia”, si chiamava Vincenzo Vianello, da Pellestrina, detto el Graton e fu decorato con la medaglia d’oro al valor militare da Francesco Giuseppe: fu una delle tre medaglie d’oro e delle cento quaranta d’argento elargite in quel giorno ai marinai Veneto/Dalmati ( su un totale di 14 d’oro e di 240 d’argento: le altre furono concesse agli ufficiali austriaci!)
4) – Al momento dello speronamento, Tegetthoff disse in Veneto al Vianello “daghe dentro, Nino, che i butemo a fondo!”
5) – Al momento dell’affondamento della nave Italiana, da quelle Austriache si levò per l’ultima volta un solo grido VIVA S. MARCO.
6 ) -Guido Piovene, il grande scrittore ed intellettuale Veneto del ‘900, disse che “la battaglia di Lissa fu l’ultima grande vittoria della Marina Veneziana”.

A difesa del comandante della flotta italiana Persano dedico una frase di Tacito: «Questa è la tristissima sorte delle guerre: quando finiscono bene, tutti se ne attribuiscono il merito, quando finiscono male, la colpa è di uno soltanto».


20 Luglio 555

dopo due anni Verona cede all’assedio bizantino. Nel VI secolo a seguito dell'invasione delle armate bizantine guidate dal generale Belisario, termina la dominazione gota. Nel 554, l'imperatore Giustiniano promulgava la Prammatica Sanzione con cui decretava la riunificazione all'impero della Prefettura d'Italia, anche se permanevano alcune sacche di resistenza. Tra queste, Verona resistette per due anni all'assedio bizantino, cadendo infine il 20 luglio 555 nelle mani di Narsete, succeduto a Belisario. Il 29 luglio 563 la città si ribellò al dominio imperiale, ma venne duramente sottomessa. Appena nel 568 d.C, però, con la ben più formidabile e corposa invasione dei Longobardi – descritta da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum -, venne sottratta al dominio imperiale buona parte dell'Italia settentrionale. Verona, indifesa, venne occupata ed eletta a capitale sino al 571. In Veneto, a seguito dell'invasione, venne a crearsi una netta separazione tra la zona continentale, sotto il dominio longobardo, e quella costiera, ancora dipendente dall'Impero Bizantino. Contemporaneamente, lo scisma dei Tre Capitoli provocava un'ulteriore frattura anche in campo religioso, destinata a durare per tutto il secolo successivo. Le terre venete appartenenti al nuovo regno longobardo vennero divise tra i ducati, di Vicenza, Verona e Ceneda, appartenenti all'Austria. Il tessuto sociale della Terraferma conobbe un rapido declino; una certa continuità della vita cittadina fu garantita dai vescovi, divenuti riferimenti autorevoli in campo morale, culturale e sociale. La zona bizantina venne invece dapprima unita nel 580 ai superstiti territori settentrionali nel costituire l'eparchia Annonaria, per essere poi resa nel 584 provincia autonoma dipendente dall'Esarcato di Ravenna (e on d'italia come si dice oggi) col nome di Venetia maritima (o Venetikà). Dall'entroterra le autorità politiche e religiose romano-venete, assieme a parte delle popolazioni, trovarono rifugio nei centri lagunari di Grado, Caorle, Eraclea, Torcello, Malamocco, Rialto, Olivolo, Chioggia, oltre alle oggi scomparse Ammiana e Costanziaco, che già da un secolo avevano iniziato a svilupparsi. Queste terre andarono quindi a costituire, nel 697, durante il regno dell'imperatore Leonzio, il ducato di Venezia. A definire la separazione anche formale fra i due mondi (seppur una forte osmosi continuò sempre ad esistere) occorse la definizione dei confini (terminatio) fra il Ducatus Venetiarum e il Regnum Langobardorum, siglato dal re Liutprando e dal primo doge Paolo Lucio Anafesto. Nel frattempo all'interno del giovane ducato, la crescente pressione longobarda e le feroci lotte intestine scatenatesi tra la capitale Eracliana e la vicina Equilio portarono al trasferimento a Metamauco della sede ducale. Contemporaneamente, col declinare del controllo bizantino sull'Italia, il territorio lagunare assunse caratteri sempre maggiori di indipendenza dal potere centrale, fino a che, con la conquista longobarda di Ravenna nel 751, la dipendenza politica da Bisanzio divenne poco più che formale.