10 luglio 1310

Come commissione straordinaria sulla congiura del 14 giugno precedente.Doveva essere una Magistratura dapprima provvisoria, e in seguito permanente, formata da Patrizi incaricati di vigilare sulla sicurezza dello Stato. Duravano in carica un anno, alternativamente cinque ogni sei mesi e non erano rieleggibili.Con poteri illimitati, disponevano di una rete segreta d'informatori, di un'armeria personale e di un proprio Corpo di Polizia. Il Fante dei Cai (Faccendiere dei Capi) ossia il messo incaricato di portare gli ordini di comparizione davanti al tremendo ma giusto consesso, dà un'idea del prestigio da essi goduto: al suo passaggio, disarmato e vestito di nero, anche il più orgoglioso dei Patrizi abbassava la testa, e i Popolani si facevano il segno della croce. Nato come temporaneo fino al 29 settembre, viene rinnovato via via, fino a che, il 20 luglio 1335, il Consiglio dei X diviene permanente.Nello stesso giorno un decreto ordina che i Capi dei Sestieri scelgano 1.500 uomini da tenersi sempre pronti ad accorrere presso il Doge al minimo sentore di pericolo. Ognuno di essi deve avere una corazza, una pancera metallica e altre armi. Sempre per la difesa delle Istituzioni Veneziane, dallo stesso giorno stanzierà in Bacino di San Marco di fronte al Palazzo Ducale, una galea con le colubrine rivolte verso terra. E' quella che si potrà notare in tutti i dipinti dei secoli successivi. Al suonare a stormo del Campanile di San Marco tutti i Cittadini devono raccogliersi in armi, la metà deve andare in Piazza San Marco e l'altra metà deve far la guardia alle contrade cittadine. E' l'istituzione di una Guardia Civica destinata a tutelare la città nei momenti di pericolo e, con le altre misure che abbiamo esposto, diretta conseguenza della congiura di Bajamonte Tiepolo e del Querini, spenta nel sangue il 14 giugno.


10 luglio 1651

Battaglia navale di Paros, solo le momentanee ed avverse condizioni atmosferiche impedirono lo scontro in quel momento. La pausa notturna, consentì ai veneziani di ricongiungersi intanto con le altre navi di Francesco Barbaro e di Giuseppe Dolfin. e in seguito permanente, formata da Patrizi incaricati di vigilare sulla sicurezza dello Il 10 luglio del 1651 dopo alcuni, sporadici, "assaggi" reciproci, le due flotte si ritrovarono schierate l'una contro l'altra al largo dell'isola di Paros. La flotta veneziana si presentava divisa in tre corpi: al centro quella comandata dal capitano generale, sulla destra quella guidata da Marco Molino mentre, sulla sinistra, si erano disposte le navi comandate da Francesco Morosini, Capitano del Golfo. Alla sommità dei tre schieramenti disposti ciascuno a triangolo, si trovavano tre galeazze. Due di queste, quelle che coprivano lo schieramento di sinistra, erano comandate da due Mocenigo, Luigi Tommaso e Lazzaro. Questi, avvistata una squadra nemica intenta a rifornirsi d'acqua a terra, si lanciarono con le loro navi verso il nemico staccandosi dalla flotta principale e praticamente contravvenendo agli ordini del loro stesso capitano generale. Accortosi della manovra il comandante in capo tentava di fermarli, ma il suo ordine giungeva troppo tardi. Il Pascià, infatti, accortosi dell'attacco a sorpresa, si era mosso verso le navi veneziane con alcune imbarcazioni lasciandosi anche lui alle spalle il grosso della sua flotta. Prime a far fuoco furono le navi veneziane, disposte di prua. Tuttavia i vascelli turchi riuscirono a superare sorprendentemente il muro di fuoco aperto dai veneti portandosi a poppa delle loro galee. Da quella posizione fu loro facilissimo agganciare la nave di Lazzaro Mocenigo mentre il resto della squadra turca circondava quella comandata da Luigi Tommaso. Qui si accese subito violento e sanguinoso lo scontro dove trovò la morte lo stesso comandante veneziano. Intanto gli echi della battaglia erano giunti al capitano Francesco Morosini che fece immediatamente rotta sul posto dello scontro riuscendo così a sorprendere i turchi alle spalle. Il peso di questi rinforzi fu decisivo e i turchi abbandonarono la nave del Mocenigo fuggendo. Sull'altra galeazza nel frattempo, Lazzaro Mocenigo sebbene ferito ad un braccio e a una mano, continuava imperterrito a combattere dando l'ordine, infine, di caricare un grosso cannone facendolo puntare direttamente verso la Reale turca. Al fuoco, la poppa della nave nemica venne squarciata. Fra gli innumerevoli feriti si trovava ora anche lo stesso Capitan pascià. A questo punto molte delle navi turche con gli equipaggi presi dal panico, si diedero ad una disordinata fuga. Quelli che non fuggirono, vennero in gran parte catturati, navi comprese. Giovan Filippo Cornaro e suo fratello Tommaso catturarono un vascello a testa, un altro lo agganciava Marco Molino e Gaspare Spineda. Vistisi spacciati i turchi incendiarono quattro delle loro navi affinché non cadessero in mano veneziana, ed anche per coprirsi meglio la fuga a nuoto o su imbarcazioni di fortuna. Lo scontro tuttavia, non era ancora finito. Restava infatti la Capitana delle navi di Istambul comandata dal rinnegato Mustafà. Munita di ben 60 bocche da fuoco e difesa dai migliori guerrieri, la nave sembrava a prima vista imprendibile. Ed infatti lo scontro con le navi veneziane fu lungo e durissimo. Tutte le navi ducali ne furono impegnate, quelle del Morosini e le galeazze dei due Mocenigo, Lazzaro e Tommaso. L'arrivo della notte, tuttavia, non fece che confermare il risultato, già apparso con evidenza sul campo di battaglia. Le ultime navi turche si ritirarono. Con l'arrivo del giorno i veneziani potevano finalmente fare il loro bilancio. Undici navi catturate, cinque incendiate, oltre a 1500 prigionieri e ovviamente ad un ricco bottino. La giusta ricompensa, insomma, dopo una dura battaglia.