17 luglio 1203

Una volta giunte a Costantinopoli, le truppe crociate vennero incoraggiate dai veneziani all’aggressione, allettate con la prospettiva di un ricco bottino. I crociati riuscirono a penetrare nell’altrimenti imprendibile città, solo con il tradimento, ed una volta al suo interno compirono una terribile strage, sottoponendola in seguito ad un saccheggio senza pari nella storia. In città erano infatti conservati intatti i tesori di questa antica cultura, manoscritti, quadri e statue che vennero in gran parte distrutti, causando un’enorme perdita per la civiltà mondiale. Papa Innocenzo III protestò molto duramente per lo scempio compiuto ai danni della grande città cristiana , che falsava gli scopi della crociata da lui indetta. Sulle rovine dell’Impero Bizantino, venne istituito l’Impero Latino, del quale venne nominato sovrano Baldovino di Fiandra, che ebbe giurisdizione sulla Tracia e su di una parte della Grecia, che vennero infeudate a signori occidentali. I maggiori guadagni da questa crociata, li ottennero i veneziani, che oltre la concessione di molte isole nel Mare Egeo, le coste della Morea ed un quartiere di Costantinopoli, tennero sotto tutela l’Impero Latino, sfruttandone le attività economiche. Gli ex dignitari Greci sfuggiti al massacro, ricostituirono il proprio impero in Asia Minore, eleggendo a capitale la città di Nicea, mentre sulle coste dell’Albania costituirono il Despotato d’Epiro. Dopo circa 60 anni, profittando dell’ostilità della popolazione verso i conquistatori, nel 1261 essi riuscirono a rientrare a Costantinopoli, dove ricostituirono nominalmente l’Impero Bizantino. Si trattava naturalmente dell’ombra dell’antica potenza bizantina.


17 luglio 1509

Alle prime ore dell’alba truppe venete riuscirono a penetrare nella città patavina con tre carri carichi di frumento. Mentre i primi due passarono velocemente sul ponte levatoio controllato dalle guardie tedesche, il terzo si fermò improvvisamente sul ponte che non poteva più a quel punto essere richiuso. Improvvisamente sbucò un gruppo di uomini armati che al grido “S. Marco! S. Marco!” si introdussero nella città. Era l’inizio della sommossa che scoppiò presto e furiosa frale strade di Padova. La piccola guarnigione lasciata a guardia della città tentò anche di resistere e di respingere gli assalitori, ma alla fine venne sopraffatta e costretta alla resa. E così, dopo circa un mese di giogo imperiale, Padova spontaneamente ritornava nel più rassicurante e conveniente grembo veneziano. A dar man forte ai cittadini padovani arrivarono anche gli uomini del Provveditore in campo, Andrea Gritti, che muovendo da Treviso con 2000 cavalli e fanti si portò verso Padova. Qui, entrato in città, combattè con i suoi uomini fianco a fianco dei cittadini padovani finchè la città non venne liberata dall’incomoda presenza tedesca. Treviso, Padova, Legnago e altre cittadine avevano fatto la loro scelta di campo e su quel campo sventolava il vessillo di S. Marco. L’imperatore Massimiliano di fronte a tanta e convinta reazione, iniziò a preoccuparsi non poco. Il timore di perdere le città venete e friulane acquistate con tanta facilità e vero, unico scopo per cui aveva scelto di entrare nella Lega di Cambrai, stava prendendo a poco a poco una preoccupante consistenza.