27 ottobre 1570

muore a Venezia Jacopo Tatti detto il Sansovino. Battezzato a Firenze il 2 luglio 1486, nel 1502 entrò nella bottega fiorentina dello scultore Andrea Contucci, detto il Sansovino, dal quale adottò il soprannome in segno di grande considerazione. Nel 1505 si recò a Roma in compagnia dell’architetto Giuliano Giamberti da Sangallo, e qui studiò architettura e scultura antica. Con lui e con altri celebri personaggi dell’epoca, come Bramante e Raffaello, ebbe un dibattito teorico e pratico sull’architettura. In questi anni, incaricato da papa Giulio II, si impegnò nel restauro di molte statue antiche. Dopo circa cinque anni, tornò a Firenze, e nel 1511iniziò a scolpire la statua di San Giacomo il Vecchio, destinata a Santa Maria del Fiore. Tale opera lo tenne impegnato per ben sette anni. Nel frattempo realizzò il Bacco (1514) e lavorò con Andrea del Sarto alla facciata posticcia di Santa Maria del Fiore, eretta per l’ingresso di papa Leone X. L’anno successivo partecipò al concorso per la facciata della basilica di San Lorenzo, competendo direttamente con Michelangelo, il quale fu vincitore. Il suo secondo periodo romano iniziò nel 1518, quando Sansovino, così fu detto Jacopo Tatti, decise di stabilirsi a Roma, dove lavorò alla Madonna del Parto nella basilica di Sant’Agostino, al San Giacomo, e al monumento funebre del cardinale Sant’Angelo nella chiesa di San Marcello al Corso. In quegli anni vinse anche il concorso per la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini grazie al suo schema a pianta centrale, ma tale progetto non venne mai realizzato. Dopo il sacco di Roma (1527) Sansovino fuggì a Venezia, dove nel 1529 fu nominato «proto delle Procuratie de supra» (ovvero architetto supervisore) della cattedrale di San Marco. Qui conobbe molti intellettuali e artisti del suo tempo e strinse una particolare amicizia con il pittore Tiziano e lo scrittore Pietro Aretino. Il suo primo edificio veneziano fu il Palazzo Corner della Ca’ Grande a San Maurizio (1533) in cui, mantenendo la base bugnata e la trabeazione al secondo piano dei palazzi romani di Bramante e Raffaello, aggiunse un terzo piano e alterò le proporzioni di ogni piano per conformarsi più strettamente alle tradizioni veneziane di progettazione dei palazzi. Così la rigorosa sintassi architettonica del classicismo romano entrava per la prima volta a Venezia, fondendosi magnificamente con le preesistenti architetture medievali e quattrocentesche. Successivamente realizzò l’altare maggiore della Scuola Grande di San Marco, la nuova Scuola della Misericordia, la chiesa di San Francesco della Vigna. Il Sansovino mantenne fino alla sua morte (avvenuta il 27 novembre 1570) l’onorevole posizione di protomagister e come tale coordinò il progetto di rinnovamento e ristrutturazione del centro urbano di Piazza San Marco in una disposizione unificata di strutture interconnesse. Anche se il suo piano era incompleto al momento della sua morte, ebbe larga influenza sul paesaggio urbano. A lui si deve la costruzione di alcune delle maggiori opere architettoniche del XVI secolo: la Zecca (1536), notevole per il fantasioso bugnato delle sue colonne e delle superfici dei muri, che danno all’edificio un aspetto fortificato; la Libreria Marciana (1537), nota anche come Biblioteca Vecchia; la Loggetta del campanile (1530-1542), piccola ma riccamente decorata. Un altro suo capolavoro fu Villa Garzoni a Pontecasale, la cui pianta a U evoca all’interno i modelli antichi con un cortile quadrato, all’esterno lo stile tipico delle ville toscane del Quattrocento. Mentre il manierismo stava prendendo piede in Italia, Jacopo Sansovino rimase un sostenitore dell’equilibrio e della moderazione dello stile dell’Alto Rinascimento. Questo è molto evidente nei primi bronzi veneziani, come le statuette degli Evangelisti e le porte della sacrestia in San Marco (1540 circa), che seppur ricordano l’eleganza delle sue opere romane e fiorentine, mostrano una nuova maturità concettuale. Circa dieci anni più tardi, opere come la statua di marmo del giovane San Giovanni Battista nella basilica di S.Maria Gloriosa dei Frari, le statue colossali di Marte e Nettuno, il ritratto in bronzo di Tommaso Rangone sopra l’ingresso della Chiesa di San Giuliano e il monumento al doge Francesco Venier nella Chiesa di San Salvatore (1556-61), mostrano il chiaro passaggio dallo stile maturo a quello della vecchiaia. Per tutte queste opere, Jacopo Tatti, detto Sansovino oggi viene considerato come la figura principale dell’architettura veneziana del Cinquecento. È proprio la sua originalità nel fondere architettura e scultura a conferirgli un così grande successo, forse più di qualsiasi altro architetto rinascimentale.


27 ottobre 1848

Durante i 17 mesi della Repubblica Veneziana di Daniele Manin si svolse una battaglia memorabile, la Sortita di Mestre, che contribuì certamente a sollevare lo spirito dei molti patrioti che in varie parti d’Italia lottavano per l’Unità e l’Indipendenza. Il 27 ottobre 1848, circa 2000 volontari, suddivisi in 3 colonne, mossero da Venezia e dal Forte Marghera, conquistato dai Mestrini il 22 marzo, per attaccare le postazioni austriache situate a Mestre. Quindi sgomberare le truppe austriache trincerate nella stazione ferroviaria, quella di destra, guidata la colonnello Zambeccari, aveva il compito di occupare il Piazzale delle Barche avanzando lungo il Canal Salso. Dopo un furioso combattimento sul Ponte della Campana (attuale Via Poerio) la guarnigione austriaca fu allontanata da Mestre. Furono fatti prigionieri 500 soldati nemici e conquistati vari trofei tra cui 5 cannoni, 6 cavalli, carri, bagagli, documenti del generale austriaco Mittis. Dopo qualche giorno il generale Pepe passò in rassegna in Piazza San Marco le truppe che avevano preso parte alla battaglia “fra il delirante entusiasmo dei Veneziani, che non si stancavano mai di ammirare i trofei della vittoria”.