18 ottobre 1002

Non è cosa molto nota, ma dal 847 al 871 Bari divenne un emirato arabo con tanto di moschea sita dove ora sorge la Cattedrale di San Sabino. Nonostante la liberazione del 871 da parte di Ludovico II, le scorrerie dei saraceni perdurarono sulle coste pugliesi ancora per tutto il X secolo. Il 2 Maggio del 1002, davanti al molo di Sant’Antonio, antico porto di Bari (il Fortino era l’ingresso in città) si presentò una smisurata flotta saracena, con circa 4000 soldati, capeggiati da un siciliano, Saphi, cristiano convertito all’Islam ed espertissimo combattente. La motivazione accampata fu quella di vantare crediti da alcuni mercanti. L’assedio, per terra e per mare durò per circa cinque mesi, Il 15 agosto del 1002, durante la festa dell’Ascensione, fu vista dalla torre del monastero di San Benedetto una stella inabissarsi nel mare. Interpretandolo come un segno divino, padre Gerolamo annunciò ai baresi che la città protetta dalla Madonna sarebbe stata presto salvata. Quando ogni speranza stava ormai per svanire, apparve all’orizzonte una flotta di 100 navi comandata dal doge Pietro Orseolo II. I veneziani giunti il 6 settembre, riuscirono ad introdurre delle notevoli quantità di viveri in una città stremata da mesi d’assedio. Provvidero poi a sistemare le truppe in un luogo più sicuro. Il 18 ottobre Bari fu ancora una volta liberata dai saraceni e resa ai bizantini. Per i veneziani erano in ballo un avamposto commerciale e militare nel basso Adriatico e notevoli interessi strategici.


La Vidua Vidue
“La vì, la vì”, “la vedi, la vedi”, urlarono di gioia gli assediati quando scorsero le navi. Nel tempo “la vì, la vì” divenne “Vidua vidue“. Questo è anche il nome della festa religiosa e popolare del “Saluto a Venezia”, in segno di riconoscenza per il millenario intervento di liberazione. La festa popolare barese “Vidua vidue” anticamente veniva associata alla festa veneziana della “Sensa”, che si tiene il giorno dell’Ascensione. A Venezia la “Sensa” si festeggia ininterrottamente da un millennio per commemorare la vittoria ottenuta sempre dal doge Pietro Orseolo II, nei confronti dei pirati narentani.

Nei lunghi giorni precedenti all’assedio dell’emirato, la flotta veneziana sostò di fronte al porto di Vieste attorno all’isolotto di Sant’Eufemia (isolotto del faro). Nella spelonca di tale isolotto vi è una incisione che racconta l’aiuto della flotta veneziana alla città di Bari oppressa per terra e per mare dalle truppe saracene. In particolare riferisce l’entrata nel porto di Vieste di cento navi al comando del Doge Pietro Orseolo II. “… entrò in questo porto Messer Pietro, Doge dei Veneziani e dei Dalmati con cento navi pronte alla guerra contro i Saraceni che opprimevano Bari e combatté contro quelli:alcuni aveva ucciso, altri aveva messo in fuga…” L’isolotto di Sant’Eufemia era un tempo l’approdo per i viaggiatori dell’Adriatico; da Venezia a Costantinopoli la navigazione prevedeva 20 giorni, senza nessuna possibilità di conoscere in anticipo le condizioni climatiche.


Fino al 27 ottobre 1991, al Petruzzelli di Bari era visibile il sipario opera di Raffaele Armenise (Bari 1852 – Milano 1925). «Liberazione di Bari nel 1002 da parte dei veneziani». Il reperto storico fu distrutto nel 1991 con l’incendio del teatro.


questa poesia di Gigi De Santis in cui si racconta, in gergo vernacolare,
Vidua Vidue
Iève bbèlle chèdda fèste
Breggessiòne e ttutt’u rèste,
Vidua Vidue se chiamàve
BBare vècchie reveldàve.
Quanda ggènde accherrève
Chèdda dì de premavère,
De Barise stève chìine
La Meràgghie e u Fertine.

Se vennève tutte cose,
Melengèdde e la gazzose.
Salatìidde, spassatìimbe:
Fave, cigger’e semìinde.
Le famìgghie tutt’aunìte,
Le uaggnèdde che le zite,
Pò la “BBanne de chiacùne”
Devertève le uaggnùne.

Iève bbèlle chèdda fèste
Breggessiòne e ttutt’u rèste.
A la dì de l’Asscenziòne,
Se sparave cu cannone.
Do Fertine pe trè vvolde
Sicche sicche ièv’u colpe:
«La vì, la vì, la vì»,
A la palle se decì.

Fu nu fatte de tand’anne,
Che Venèzzie ngi-aitàmme
A caccià le Saracìne,
Negasdè e assassìne.
Iève bbèlle chèdda fèste
Breggessiòne e ttutt’u rèste,
La Meràgghie a le Barise
Nge parève u paravìse.

Mò le tìimbe sò cangiàte,
Tutt’è state trascuràte,
Ma cchiù fforte am’a leccuà:
«Vidua Vidue ha da ternà».

18 ottobre 1417

Muore Papa Gregorio XII, nato Angelo Correr, nato a Venezia nel 1335 circa. É stato il 205º papa della Chiesa cattolica. È stato uno dei pochissimi pontefici ad aver rinunciato al ministero petrino. Proveniente dalla nobile famiglia veneziana dei Correr, era figlio di Niccolò di Pietro e di Polissena. Era zio del cardinale Antonio Correr, C.R.S.G.A., e del cardinale Gabriele Condulmer, il futuro papa Eugenio IV. Il Correr ottenne il magistero in teologia, e ne divenne professore all'università di Bologna. Fu canonico del capitolo della cattedrale di Venezia. Nell'ottobre del 1380 fu nominato vescovo di Castello, carica che mantenne per dieci anni, dopodiché fu creato patriarca di Costantinopoli. Fu legato pontificio in Istria e Dalmazia per conto di Urbano VI nel 1387. Nel 1399 fu legato pontificio, per conto di Bonifacio IX (Pietro Tomacelli-Cybo), a Napoli, presso il re Ladislao. Nel 1405 fu nominato governatore della Marca Anconitana. Nel concistoro del 12 giugno 1405 fu creato cardinale da Innocenzo VII, e ricevette il titolo di cardinale presbitero di San Marco. Gregorio venne eletto il 30 novembre 1406 e fu incoronato il 19 dicembre successivo. La Chiesa cattolica era divisa tra la sede di Roma e quella di Avignone (Francia) per uno scisma che si era aperto nel 1378. Anche il collegio cardinalizio era diviso; alcuni cardinali avevano seguito l'antipapa Benedetto XIII ad Avignone, e si erano così formati collegi diversi. Gregorio fu eletto a Roma da un conclave di «obbedienza romana». I quindici cardinali giurarono che, se Benedetto XIII avesse rinunciato a tutte le sue pretese al papato, anche Gregorio avrebbe rinunciato. In questo modo sarebbe stato convocato un nuovo conclave e si sarebbe posto fine allo scisma. A Roma, all'indomani dell'elezione, lo stesso collegio cardinalizio chiese al neoeletto di non nominare alcun nuovo cardinale, se non per portare il numero dei porporati di obbedienza romana ad un numero pari a quello dei cardinali di obbedienza avignonese. Gregorio e Benedetto aprirono negoziati prudenti, per incontrarsi su suolo neutrale a Savona. Inizialmente erano entrambi esitanti: da un lato la famiglia di Gregorio XII e il re di Napoli, l'angioino Ladislao, timorosi di perdere la loro posizione di vantaggio in caso di rinuncia del Correr, spingevano l'anziano pontefice a rifiutare le offerte provenienti dalla parte avignonese. Sta di fatto però che nell'inverno 1407-8 i due rivali si trovarono vicini: Benedetto era a Portovenere (nella Riviera ligure di levante) e Gregorio a Lucca, luoghi che distano tra loro appena 85 chilometri. Ma il timore di essere catturati dalla fazione avversaria fece fallire la trattativa sul nascere. Davanti al tentennamento di entrambi, i cardinali delle due fazioni diedero segni d'insofferenza, e Gregorio, timoroso di perdere il sostegno dei suoi, nominò il 9 maggio 1408 quattro nuovi cardinali (tra cui il Condulmer, il futuro Eugenio IV, e Giovanni Dominici), contravvenendo così agl'impegni assunti dal conclave che l'aveva eletto. Gregorio obbligò i cardinali di obbedienza romana a non allontanarsi da Lucca. D'altro canto Benedetto XIII, che non era mai stato desideroso di abdicare, decise di rifugiarsi presso re Martino I d'Aragona, il suo principale alleato. Disubbidendo agli ordini di Gregorio XII, sette cardinali d'obbedienza romana (tra cui Oddone Colonna, futuro papa Martino V) lasciarono Lucca in segreto e negoziarono coi cardinali di Benedetto XIII la convocazione di un concilio generale nel corso del quale i due papi sarebbero stati deposti e ne sarebbe stato eletto un altro. I due gruppi convocarono infatti un concilio a Pisa, invitando a parteciparvi i due rivali. Né Gregorio XII né Benedetto XIII si presentarono. Gregorio accettò l'invito a stabilirsi a Rimini presso il suo leale servitore, Carlo I Malatesta (uomo d'armi, era stato Capitano generale della Chiesa dal 1389 al 1404). Il Signore di Rimini si recò a Pisa di persona per assistere al concilio, allo scopo di appoggiare Gregorio presso i due gruppi di cardinali. Nel corso della quindicesima sessione, il 5 giugno 1409, il concilio di Pisa depose i due pontefici come scismatici, eretici, spergiuri e scandalosi. Dal conclave che ne seguì fu eletto papa il cardinale greco Pietro Filargo, che prese il nome di Alessandro V. Gregorio XII, che nel frattempo aveva nominato (nel concistoro del 19 settembre 1408) altri dieci cardinali, tra cui anche il nipote Angelo Barbarigo, aveva convocato un proprio concilio a Cividale del Friuli, nel patriarcato di Aquileia. Nonostante l'appoggio dei re di Napoli e di Germania, il concilio si svolse in un clima ostile. Il Patriarca di Aquileia, infatti, era in conflitto con la Santa Sede. Venezia cercò di fare da mediatrice, ma non poté garantire un adeguato sostegno al pontefice in un'area, quella friulana, essenziale per le relazioni estere della Serenissima. I lavori si aprirono il 6 giugno, il giorno successivo a quello in cui a Pisa era stata decisa la deposizione dei due papi in carica. Sebbene pochi vescovi vi partecipassero, i padri conciliari dichiararono Benedetto XIII e Alessandro V usurpatori della Sede Apostolica, ribadendo la linea della successione romana. Il 5 settembre Gregorio XII ribadì la sua disponibilità ad abdicare a condizione che i due antipapi avessero fatto altrettanto, ma la situazione si era talmente deteriorata che il pontefice, timoroso di essere imprigionato, fuggì dal Friuli. Né il concilio di Pisa né quello di Cividale furono riconosciuti dalle obbedienze rivali. Gregorio XII giunse a Latisana; poi, grazie all'aiuto di Ladislao di Napoli, si recò via mare fino a Pescara e proseguì quindi via terra verso Sulmona, giungendo a fine novembre 1409 a Gaeta, nel territorio del Regno di Napoli. Nel maggio 1410, morto il papa di Pisa Alessandro V, gli subentrò Giovanni XXIII, Baldassare Cossa, appartenente a una dinastia napoletana legata agli Angioini. Cossa decise di riprendere il controllo su Roma (occupata militarmente da Ladislao) e sulle terre che il re di Napoli aveva sottratto negli anni passati alla Sede Apostolica. A questo scopo si alleò col rivale dinastico di Ladislao, Luigi II d'Angiò. Giovanni XXIII strinse un accordo temporaneo anche con lo stesso Ladislao. Rimasto senza protezione, al pontefice non rimase che rifugiarsi presso Carlo I Malatesta. Il 30 ottobre lasciò Gaeta e, dopo un lungo tragitto via mare, sbarcò a Cesenatico il 22 dicembre 1411 entrando poi in Rimini due giorni dopo. Fino al 1415 visse da esule nella Romagna governata dal Malatesta. Durante questo periodo soggiornò in varie residenze malatestiane: Scolca, Montefiore, ed anche Bellaria. Lo scisma nella Chiesa si poté infine risolvere grazie al decisivo intervento dell'imperatore Sigismondo. Nel novembre 1414 Giovanni XXIII convocò un concilio. L'antipapa aveva scelto come sede conciliare Roma; l'imperatore impose invece che il concilio si svolgesse in territorio germanico, a Costanza. Da Rimini, Gregorio XII seguì i lavori, che si protrassero per mesi senza che si trovasse una soluzione, finché il 29 maggio 1415 Giovanni XXIII fu deposto. La situazione s'era ribaltata a favore di Gregorio. Egli poteva quindi ricomporre lo scisma abdicando. Però doveva prima esser riconosciuto come l'unico pontefice legittimo. Prima di questi passi, Gregorio si risolse a riconoscere il concilio, che, essendo stato convocato da un antipapa, mancava fin allora di legittimità. Senza muoversi da Rimini, egli nominò Carlo Malatesta e il cardinal Giovanni Dominici di Ragusa come suoi delegati presso le assise conciliari. Essi si recarono a Costanza e, di fronte all'assemblea del concilio, il cardinal Dominici lesse la bolla di convocazione emanata da Gregorio e convalidò, in nome del papa, gli atti precedenti dello stesso concilio. Quindi il Malatesta, sempre in nome di Gregorio XII, pronunciò il 4 luglio 1415 la rinuncia all'ufficio di romano pontefice da parte di Gregorio, che i padri conciliari dichiararono di ratificare. In base a precedenti accordi, il concilio riconobbe anche tutti i cardinali che papa Gregorio aveva creato, dando così soddisfazione alla famiglia Correr, e nominando il papa dimissionario vescovo di Frascati e legato pontificio ad Ancona. Restava il papa avignonese, Benedetto XIII, irremovibile nelle sue posizioni, ma oramai abbandonato da tutti. Egli fu deposto dal Concilio di Costanza nel luglio 1417.Ritornato a essere Angelo Correr, l'anziano prelato trascorse il resto della sua vita in una tranquilla oscurità ad Ancona, dopo essere stato reintegrato pienamente nel collegio cardinalizio, in riconoscimento del suo comportamento dignitoso durante il concilio di Costanza. Papa Gregorio XII è sepolto nella cattedrale di Recanati. Dopo di lui, tutti i papi sono stati sepolti a Roma