12 ottobre 1427

La battaglia di Maclodio. All’epoca l’espansionismo visconteo, che da tempo preoccupava le principali Signorie italiane, fu la causa di un conflitto che divampava nella pianura lombarda. Vedeva contrapposti da un lato l’esercito milanese, dall’altro una lega composta da veneziani, fiorentini e savoiardi, comandati da Francesco Bussone, il conte di Carmagnola. Dopo aver conquistato a inizio ottobre il castello di Montichiari, l’esercito veneziano mosse in direzione di Maclodio. Dopo le prime schermaglie i milanesi si trovarono schierati in parte sulla strada per Orzinuovi e in parte a sbarramento della strada per Urago.Avevano l’errata convinzione che l’intenzione del Carmagnola fosse quella di liberare la stessa Urago, che si trovava in stato d’assedio. Tali strade erano protette sui lati da fossati e tutt’attorno il terreno paludoso le faceva considerare ben difendibili. Il Carmagnola si accorse di questa divisione dell’esercito nemico e agì di conseguenza. Dapprima lanciò una carica della cavalleria proprio sulla strada per Orzinuovi, un’azione che oggi potremmo definire “diversiva”, che tenne impegnata la milizia a cavallo viscontea. Quando le due cavallerie si ritirarono fece seguire un improvviso, violento e inaspettato attacco da parte della fanteria che riuscì a cacciare i milanesi dalla strada spezzando al contempo in due l’esercito visconteo che temette anche di essere accerchiato. I milanesi si ritrovarono ben presto impantanati nelle paludi della zona mentre le truppe guidate dal Carmagnola, attestate su terreni solidi, mantennero saldo il possesso della strada e riuscirono a prevalere rapidamente sugli avversari. L’arretramento dell’esercito milanese in breve si trasformò in una rotta, anche a causa dell’incomprensione tra i vari capitani viscontei, e ben presto venne il momento della resa. Fu fatto prigioniero anche Carlo Malatesta, uno dei condottieri di ventura al soldo dei milanesi.I superstiti dapprima ripiegarono disordinatamente a Pompiano quindi, guadato l’Oglio, si rifugiarono a Soncino. I morti furono tutto sommato pochi, mentre altissimo fu il numero dei prigionieri, che vennero peraltro liberati con grande sorpresa il giorno successivo dallo stesso Carmagnola, facendo con questo irritare e insospettire i veneziani. La guerra terminò con la pace di Ferrara del 18 aprile 1428, nella quale il territorio bresciano e la Valle Camonica, conquistata durante l’inverno, passarono definitivamente alla Serenissima. Quest’ultima fu particolarmente generosa con le valli bresciane, che ottennero sconti sui dazi e una serie di libertà commerciali. La gloria del Carmagnola durò invece ben poco: nel 1432, sospettato di congiurare in favore di Filippo Maria Visconti, fu arrestato e dopo che gli era stata estorta sotto tortura una confessione venne infine condannato a morte. Alessandro Manzoni si ispirò a lui per la sua prima tragedia, “Il Conte di Carmagnola”, che vide la luce nel 1820.