23 novembre 1400

Muore a Venezia Antonio Venier 62° Doge.La nomina del Venier, il 21 ottobre 1382, fu il risultato di un compromesso essendo il titolo conteso tra quattro pretendenti : Giovanni Gradenigo, Alvise Loredan, Carlo Zen e Leonardo Dandolo, tutti altamente titolati ma in troppi per ottenere il quorum. Il Dandolo, per rabbia, propose il Venier. Ma Antoniazzo, come chiamato dagli amici, non era nessuno e faceva parte di una delle famiglie "nuove". Non era un grande oratore e non era tagliato per la diplomazia. Quindi niente cariche onorifiche né nomina ad ambasciatore. Solo una carriera militare dove riuscì abbastanza bene. Si trovava a Creta quando gli giunse l'annuncio della nomina a doge da parte dell'armatore Giovanni Trapello. S'imbarcò subito su una galea con la scorta di altre due galee dove si trovavano dei gentiluomini cretesi ed il Capitano del Golfo. Arrivato in Istria trovò dodici patrizi che lo attendevano e poi al Lido fu accolto da alcuni consiglieri che con il Bucintoro lo portarono a Venezia alle ore 21 del 13 gennaio 1383. Secondo le cronache dell'epoca, la sua elezione fu festeggiata per un intero anno. Vista la sua posizione sociale era ben visto sia dalle classi medie che dal popolo e quindi erano grandi feste malgrado Venezia uscisse da un'ennesima pestilenza che non fu l'ultima visto che la peste ricomparve nel 1393 e nel 1395. Nel 1396, un'enorme acqua alta colpì la città con moltissimi danni ma Antoniazzo ed i veneziani riuscirono a superare queste calamità. Il doge, in mezzo a tante sventure, riuscì a ricostruire Chioggia e completare il lastricato in mattoni di Piazza San Marco. Fu inoltre inflessibile anche contro il figlio Alvise che ne combinava di tutti i colori. Conquistava le donne e poi sbeffeggiava i mariti attaccando delle corna alla porta dei vari palazzi, aiutato da un amico, Marco Loredan. Pensavano di essere protetti dal doge ma furono condannati a due mesi di carcere nei Pozzi, a 10 anni di bando da Venezia ed a cento lire di ammenda. Il padre non mosse un dito per far rendere più clemente la pena. Nei Pozzi, Alvise cadde ammalato e, nonostante l' intervento dei famigliari e degli stessi giudici, lo lasciò morire quale esempio di giustizia per tutti, malgrado il dolore che ne risentiva. Durante il suo dogado Venezia visse dei momenti importanti che portarono all'accrescimento dei domini nel Levante; il recupero di Corfù e la sconfitta dei Turchi che dovettero ritirarsi sulle montagne dopo un patto di non aggressione nel 1399. Nell'entroterra scoppia la guerra tra Francesco da Carrara e Giangaleazzo Visconti il quale, dopo un accordo di collaborazione, tradisce e conquista molte città del Carrarese ed del Veneto facendo prigioniero anche Francesco ed il figlio. Il padre muore in prigione ed il figlio, Francesco Novello, riesce a fuggire in maniera rocambolesca. Rientra ed ottiene, implorando il doge, la signoria di Padova oltre all'iscrizione del casato veronese al patriziato veneto. Il doge però è ormai l'ombra di se stesso, logorato dentro dal rimorso per la fine del figlio Alvise, brancola nel vuoto di sentimenti perduti, accetta con piacere di assumere la tutela del minorenne Nicolò d'Este, figlio naturale di Alberto (signore di Ferrara) contro il fratello legittimo, Azzo, che viene confinato a Candia. Dietro tutto questo c'è naturalmente del commercio. La Repubblica presta al figlioccio 50.000 ducati ricevendo in pegno il Polesine con Rovigo e si allarga così l'entroterra Veneziano verso il sud. Antoniazzo dispone infine nel testamento che i benefici di Alvise passino al di lui figlio Priamo cercando di mettere in pace la coscienza prima di morire. Viene sepolto, con funerali solenni, nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo.