13 aprile 1897

Francesco (Cesco) Baseggio è nato a Treviso ed è morto a Catania il 22 gennaio del 1971. Ancora sedicenne decide di abbracciare la carriera teatrale dopo un fortuito incontro con Gianfranco Giachetti, rappresentante indiscusso della scena veneta di allora, nella cui compagnia, chiamata “Ars Veneta”, viene scritturato. Dopo questa prima esperienza, nel 1926 fonda una sua compagnia teatrale e, da quel momento in poi, tranne brevi periodi, sarà per tutta la vita Capocomico alla guida di compagini che vedranno alternarsi prestigiosi attori come Elsa Vazzoler, Mario Bardella, Giorgio Gusso, Gino Cavalieri, Marina Dolfin e molti altri. A lui si deve la riscoperta di Ruzante, ma tutta la sua carriera sarà dedicata principalmente a Goldoni. Presente, dal 1934 in poi, con interpretazioni magistrali agli spettacoli dei Festival del Teatro della Biennale di Venezia, breve sarà la vita dell’ambizioso progetto: “Teatro di Venezia” (Stagione 1955 -1956) che Paolo Grassi, pur con una certa diffidenza di Giorgio Strehler, gli affida sotto l’egida del Piccolo Teatro di Milano. Secondo il suo impeccabile stile, Grassi orchestra da par suo la prima stagione con una capacità organizzativa assai minuziosa, (cosa completamente estranea al Capocomico Baseggio), ma alla fine della seconda stagione il progetto abortisce ufficialmente per ragioni economiche. Nonostante il buon livello delle rappresentazioni pesava anche il completo disinteresse delle istituzioni venete sul cui sostegno Grassi aveva in realtà puntato al momento dell’avvio della programmazione. Dai primi lontani debutti di Baseggio, la scena italiana si era via, via, arricchita di nuovi fermenti culturali in cui si andava affermando quel cosiddetto teatro di regia che spiazzava, sia il vecchio attore, che il vecchio capocomico all’antica il quale basava le scelte di repertorio principalmente sulla propria bravura e sulla propria personalità interpretativa. A detta dei suoi attori Baseggio provava assai poco e gli attori imparavano il mestiere ammirandolo da dietro le quinte. Adattarsi alle nuove metodologie, ai modi diversi di concepire la scena teatrale e ad una diversa esigenza organizzativa, era forse chiedere troppo al Cesco Baseggio del Teatro di tradizione, come impossibile pretendere da lui improvvise doti manageriali. Nel più ampio contesto della scena italiana per le superstiti compagnie venete dei Micheluzzi e di Baseggio la vita si fa sempre più difficile. Per ravvivarla l’ultimo tentativo è nel 1957 con la fusione fra queste due realtà nella “Goldoniana”, che durerà fino al 1961 quando i Micheluzzi e Cavalieri si ritirano dalle scene. L’estremo tentativo Baseggio lo compirà con “La Compagnia Veneta” che esalerà l’ultimo respiro nel 1965. In questo stesso anno, sempre più stanco e disilluso, Cesco Baseggio, caparbio esemplare di Capocomico all’antica, abbandonerà definitivamente le scene con una Serata d’Onore in quel di Asolo. Negli anni ’60 la Rai televisione lo chiama nella produzione di una serie di commedie goldoniane e di autori moderni come Rocca e Simoni, a cui deve ancora la sua attuale notorietà, ricevendone in cambio una popolarità immensa (che si protrae fino ai giorni nostri), ma che non lo ripaga di quella rancorosa solitudine in cui si racchiude a Roma, rimuginando una specie di risentimento verso la sua amata Venezia che non gli offre valide opportunità per un suo ritorno. Riposa nel Cimitero dell’Isola di S. Michele a Venezia.