10 aprile 1631

fu eletto doge il procuratore Francesco Erizzo di 65 anni. Con l’epidemia di peste che imperversava, la Quarantia non ci mise molto ad eleggere il nuovo doge, perchè a dispetto dei suggerimenti di ben 36 “illustri medici” convenuti a Venezia per sconfiggere la malattia, i quali non riconoscevano nel contagio la prima causa delle morti, gli elettori preferirono comunque non sfidare la sorte. Dopo un brevissimo conclave,al primo scrutinio e con 40 voti fu eletto. Gli Erizzo erano stati ascritti nel patriziato veneto durante la “serrata del Maggior Consiglio” ( 28 febbraio 1297), in rappresentanza della nobiltà istriana. Uno degli avi più famosi rimase il bailo Paolo, segato a metà da Maometto II a Negroponte. Francesco Erizzo aveva svolto importantissimi incarichi, pur non essendo particolarmente ricco, era stato ambasciatore presso l’ imperatore Ferdinando II e papa Urbano VII. Già “proveditor general da mar” (sorta di ministro della marina) era stato nominato negli ultimi tempi “proveditor general in tera” (forse paragonabile al ministero degli interni). Con questa carica, il 9 aprile ricevette la notizia della sua elezione, mentre si trovava a Vicenza. Che anche in questo caso i brogli ci fossero stati lo dimostra appunto il fatto che la notizia gli pervenne il giorno prima di essere eletto e che fatalmente l’unico voto mancato fu quello dell’integerrimo e civilissimo Renier Zen. Ricevette il corno dogale il giorno 11 aprile prima ancora di salire a palazzo e a causa della pestilenza non vi furono cerimonie né feste né tanto meno il giro in pozzetto. I primi giorni del dogado di Francesco Erizzo furono dedicati a porre rimedio al morbo che stava mietendo vittime come mosche, tanto da dover far seppellire quasi tutti i cadaveri in alcune isole dell’estuario, piuttosto che nei vari cimiteri parrocchiali. Nell’ autunno l’ epidemia iniziò a cedere ed il 28 novembre il doge potè proclamare la festa per la devozione alla Madonna. In pochi giorni fu eretta una piccola baracca in legno e costruito un ponte di barche addobbato con fiori e drappi bianchi, la dove venne eretto il progetto del “Longhena” ( Baldassare Longhena - Venezia 1598- 1682, allievo di Scamozzi), dove ancor oggi viene annualmente predisposto un ponte di chiatte che unisce San Marco all’ estrema punta di “Dorsoduro” detta appunto della Salute. Dopo la pestilenza, Venezia stessa comunicherà a tutti gli stati ( proprio per la sua multietnicità) di aver subito una perdita di 46.490 anime, corrispondenti ad un quarto dell’intera popolazione. Ricomposta negli animi e soprattutto nell’amministrazione(decimata) la Serenissima memore anche delle sconfitte psicologiche di Monzon e di Cherasco riuscì per un pò mantenne la propria neutralità. In città si tentò di dar vigore ai patrimoni con nuove idee e quali potevano essere se non quelle del divertimento? Nel 1937 a San Cassiano si instaurò il primo teatro accessibile al pubblico, dove vi fu rappresentata l’Andromeda con musica di Maneli su libretto di Benedetto Ferrari. Nel giro di poco tempo i teatri diventarono 18. Nel 1638 fu concesso a Marco Dandolo di aprire nella sua casa di San Moisè la prima casa da gioco aperta al pubblico ( chiamata “Ridotto”). Comunque già nel 1638, Venezia abbandonò la linea neutrale in termini di aggressioni ricevute , ovvero quando i turchi si affacciarono nei pressi della costa di Valona ed il “capitano generale da mar” Antonio Marin Cappello catturò alcune delle loro navi, il doge ordinò prima di affondarle e poi trattare con il sultano. Nel 1642, la Repubblica riprese le armi contro lo Stato Pontificio di Urbano VIII che pretendeva l’annessione del piccolo ducato di Castro appartenente alla famiglia Farnese. Sollecitata da Ferdinando II de’ Medici Granduca di Toscana, accorse quindi in aiuto di Parma e dei Farnese. Nel 1644 Castro fu restituita a Parma e la pace fu stipulata a Venezia ma...con la mediazione del cardinal Mazzarino.Nel settembre del 1644 si riacutizzano i rapporti con la Sublime Porta, quando sei galee dei “Cavalieri di Malta” dediti alle conquiste di “corsa” catturarono un galeone turco carico di pellegrini diretti alla Mecca e poi sorpresi dal maltempo approdarono a Candia. Inizia così la guerra di Candia, che durerà 25 anni, e cagiona la perdita di questo regno che i Veneziani possedevano fin dal 1204. Ad aprile del 1645 la flotta turca, passati i Dardanelli, diede fondo nella baia di Canea ( ai piedi del monte Akrotyri) e mise la città-fortezza in stato d’assedio, prendendola il 22 agosto nonostante l’estremo sacrificio del capitano di castello Biagio Zulian che si fa saltare in aria con tutta la “santabarbara”.La flotta veneziana non trovò alleati e Girolamo Morosini fu costretto ad una sanguinosa ritirata. Il Senato veneziano fu molto scosso dagli eventi ed in un lampo di completa scenescenza, l’ 8 dicembre 1645 affidò al doge stesso di dirigere le operazioni della flotta, dimenticando forse che se anche costui aveva vantato una nobile carriera marinaresca, raggiungeva ormai la veneranda età di 78 anni.Il doge non si tirò indietro ma il 3 gennaio 1646 morì. Secondo il suo testamento il corpo fu sepolto a San Martino, mentre il cuore lasciato alla patria fu sepolto a San Marco entro un urna e innanzi all’altar maggiore.