25 giugno 1094

Nella Basilica di San Marco, dove il Doge Vitale Falier e il Popolo da tre giorni stavano in preghiera, a metà della messa solenne si ode un gran rumore, si rompe il rivesti­mento di uno dei pilastri
A):Nella Basilica di San Marco, dove il Doge Vitale Falier e il Popolo da tre giorni stavano in preghiera, a metà della messa solenne si ode un gran rumore, si rompe il rivesti­mento di uno dei pilastri principali e si vede sporgere da una cavità un braccio umano. Era il corpo di San Marco finalmente ritrovato, dopo che era andato disperso nel terribile incendio del 916 che aveva devastato anche la Basilica Marciana.
B) :Nella Chiesa di S. Marco a Venezia, davanti a una grande folla raccolta in preghiera, cadono improvvisamente da un pilastro alcune pietre, e nel vano appare l'urna contenente i resti di san Marco. Il ritrovamento del corpo del Santo, andato perduto durante la rivolta contro il doge Candiano IV, e per più di un secolo ricercato inutilmente, fa gridare al miracolo. Le Sante Reliquie, esposte per tre mesi all'adorazione dei fedeli, sono onorate anche dall'imperatore di Germania Arrigo IV; davanti al pilastro, a perpetuo ricordo del ritrovamento, arderà nei secoli una lampada.


25 giugno 1256

La battaglia delle Brentelle è stato un evento bellico del 25 giugno 1386, svoltosi a Brentelle, nei pressi di Padova, tra le truppe dei Carraresi, al comando di Giovanni Ubaldini, e quelle degli Scaligeri, signori di Verona, capitanate da Cortesia Serego, effettuato a seguito dell'invasione del territorio padovano perpetrata da Antonio della Scala durante la primavera. La sconfitta dei veronesi fu rilevante; il Serego fu catturato e condotto a Padova assieme a oltre 9.000 prigionieri (molti dei quali rilasciati poco dopo) e ad altri condottieri, tra i quali Facino Cane e Ostasio da Polenta. La prigionia cui per oltre un anno fu sottoposto il comandante veronese fu particolarmente aspra, e lo condusse alla morte poco dopo essere stato rilasciato

Tratto da Wikipedia

25 giugno 1386

Ezzelino III stabilisce a Verona anche una propria residenza, un palazzo gotico di mattoni su quella che oggi è la centralissima corso Santa Anastasia. Parti del palazzo originario, inglobati nei successivi rifacimenti, sono ancora visibili nei muri e nel portico di Palazzo Forti, storico edificio veronese divenuto nel '900 Galleria d'Arte Contemporanea di Verona. Frattanto l'Impero sembrava riacquistare autorità e potenza con l'ascesa al potere di Federico II di Svevia, e di contro, i comuni del nord Italia cercavano di ricostituire i fasti dell'antica lega coalizzandosi ora attorno alla fazione guelfa per opporsi al nuovo imperatore. Nel 1250 Federico II protettore degli Ezzelini muore. Da principio Ezzelino non sembrò risentire del venire a mancare di questo importante riferimento d'autorità. Papa Alessandro IV stava in realtà cercando di rilanciare una campagna anti-imperiale, e vedeva un grave ostacolo in Ezzelino e nel suo controllo di un territorio così vasto e strategicamente importante. Nel 1254 il papa, accusando Ezzelino per le efferatezze che certo avevano caratterizzato il suo governo, e di eresia, lo scomunica dando vita a una vera e propria crociata che da' nuovo vigore ai guelfi e agli oppositori del tiranno nella regione. Alla crociata aderirono Ferrara, Mantova, Venezia, Brescia e Trento che nel frattempo si era ribellata oltre a vari gruppi di oppositori guelfi che avevano trovato rifugio alle repressioni ezzeliniane in varie città del nord Italia. Ezzelino, ormai vecchio, sentendosi accerchiato, reagisce con ancora più ferocia di quanta non ne avesse impiegata per l'ascesa al potere. Inasprisce ulteriormente i suoi metodi brutali contro nemici e sospetti tali. I combattimenti veri e propri iniziarono e Padova presto cadde nelle mani del lagato pontificio: Ezzelino, ormai accecato dal sospetto, il 25 giugno 1256 fece arrestare tutti i padovani della sua guarnigione e gli appartenenti alla folta comunità padovana di Verona. Raccolti i prigionieri nell'Arena, dà ordine che vengano tutti uccisi, compresi vecchi, donne e bambini. Si trattava probabilmente di alcune miglialia di persone e l'ecatombe si protrasse per più giorni.


25 giugno 1669

Ugualmente si può dire per l’azione ora guidata da un altro nobile francese, il duca di Noailles. Il 19 giugno del 1669 le sue navi fecero finalmente la loro comparsa al largo di Candia. Sbarcati gli uomini, il comandante francese si affrettò a studiare nella piazza della città il modo migliore per poterla difendere, decidendo alla fine e di sua iniziativa, di attaccare al più presto le milizie turche acquartierate nel forte detto di Sabbionera, senza dover attendere le galee pontificie di rinforzo. Vennero fatte così schierare le milizie nel mezzo della città dividendo gli uomini in due squadre: la prima composta da 5000 fanti e 500 cavalli al comando dello stesso duca di Noailles, la seconda di circa 2000 uomini capeggiati dal duca di Beaufort che presero posizione rispettivamente nel forte di Crevacuore e di S. Demetrio. Il 25 giugno 1669 ebbe inizio così l’attacco dei francesi contro i turchi che, sulle prime, ebbero anche la peggio perdendo infatti due importanti postazioni una delle quali posta su di un monticello verso il mare detto Marutà. Destino volle però che le munizioni raccolte in quel sito improvvisamente si incendiassero provocando una terribile esplosione con morti e feriti tra le fila cristiane dove il panico si diffuse immediatamente incoraggiando così la reazione dei turchi. Nel caos e nel disordine della fuga molti dei soldati francesi si ritrovarono intrappolati nella rete difensiva degli “infedeli” venendo trucidati. Fra questi lo stesso duca di Beaufort mentre intanto, ma inutilmente, il Noailles cercava di arrestare la fuga dei suoi uomini terrorizzati. Il combattimento così si spostò fino al forte di Crevacuore protraendosi ancora per molte ore, fino alle 14 del giorno seguente quando a battaglia finita, la Francia poteva contare i suoi morti: più di 500 soldati su 3000 erano rimasti sul campo. Fu quello di fatto l’ultimo contributo di sangue inutilmente pagato dai francesi per Candia. Ora più che mai il destino dell’isola e della sua città tornava nelle mani dei veneziani. Veneziani che non persero certo del tempo per organizzare un estremo tentativo per salvare una situazione fattasi ormai senza scampo. Vennero così raccolte le ultime forze a disposizione comandate da Alessandro Pico conte della Mirandola, mentre all’ultimo disperato tentativo dei veneziani si unirono anche 2500 soldati francesi al comando del Maresciallo di Bellefons. Anche l’imperatore a quel punto spedì in solidale quanto tardivo aiuto un reggimento. Improvvisamente l’Europa si accorgeva di Candia! Si susseguivano in quei traumatici giorni intanto, le azioni militari contro l’esercito turco culminate il 23 luglio con quella messa in atto da tutte le navi veneziane presenti nelle acque candiote, ma tutto, ogni sforzo, si rivelò ormai inutile. Il destino di Candia era irrimediabilmente segnato e troppo tardi l’Europa sembrava rendersi conto che con la perdita anche di Creta la minaccia turca avrebbe ben presto investito il cuore dell’intera Cristianità. Della situazione ormai senza via di uscita, si rese ben conto il duca di Noailles che infatti rese nota la sua volontà di fare al più presto rientro in patria con i suoi uomini. Era il tristissimo presagio dell’imminente resa. Inutilmente Francesco Morosini, avutane notizia, cercò di trattenere il comandante francese ricorrendo ad ogni forma di persuasione. Si recò infine personalmente dal duca, trattenuto sull’isola solo dai venti contrari, sollecitandolo di fermarsi fintantoché fossero almeno giunti a Candia tutti gli altri generali appositamente convocati. Niente da fare. La decisione di imbarcarsi si dimostrò irrevocabile. Si tentò allora il tutto per tutto cercando di far leva sulla pietà del duca francese. Jacopo Contarini, duca di Candia, convocò i magistrati della città e il clero affinché si recassero dal Noailles per scongiurarlo di restare. Ad implorarlo un’intera città altrimenti senza più speranza. Neppure quest’ultimo tentativo valse però a qualcosa, la paura, o forse il semplice calcolo delle probabilità, vanificò l’estremo tentativo. E così, ferito ad un braccio, il duca di Noailles il 21 agosto del 1669 salpava da Candia con le sue navi per fare ritorno in Francia. Era una sua personale iniziativa che non mancò di suscitare infatti le sdegnose reazioni dello stesso Luigi XIV che allontanò il duca dalla corte al momento del suo rientro in Francia. Con la sua partenza ad essersi allontanate furono anche le ultime speranze degli abitanti di Candia. Nessuno in Europa avrebbe più scommesso un soldo sulla salvezza dell’isola. La partenza dei francesi infatti non fece altro che accelerare l’abbandono dell’isola da parte anche delle altre forze cristiane. A seguire furono le navi pontificie, quelle imperiali e le poche unità dei Cavalieri di Malta. Il leone di S. Marco restava solo nell’arena di Candia ad affrontare un esercito di almeno 15000 uomini. A quel punto, ovviamente, anche i turchi si resero conto che il momento tanto atteso era ormai arrivato. Viste partire le ultime navi cristiane dal porto di Candia, il Visir decretò infatti l’attacco finale.