7 giugno 1420

l’esercito veneziano entrava anche nella città di Udine; subito dopo cadevano Gemona, S.Daniele, Venzone, Tolmezzo. Era la fine dello stato patriarcale friulano. Tra il 1365 ed il 1381, il patriarca Marquardo di Randeck realizzò una importante riforma giudiziaria, ma è noto soprattutto per aver promulgato la Costituzione della Patria (Constitutiones Patriae Foriiulii) la quale raccoglieva l’intensa attività legislativa prodotta in diversi decenni dal Parlamento friulano (era l’11 giugno 1366). Con la morte di Marquando ebbe anche fine un periodo di relativa stabilità politica. La stato patriarcale era ormai sulla soglia della decadenza indebolito dallo spirito di “fazione”, odio e vendetta dei comuni friulani, in particolare tra quelli di Udine e Cividale. Il 13 luglio 1419 i veneziani occuparono Cividale. Dopo undici mesi (era il 7 giugno 1420), l’esercito veneziano entrava anche nella città di Udine; subito dopo cadevano Gemona, S.Daniele, Venzone, Tolmezzo. Era la fine dello stato patriarcale friulano. Il Friuli, inglobato nella Serenissima Repubblica, si trova così esposto alle invasioni turche ed alle mire di conquista degli Asburgo. Considerato dai veneziani poco più di un avamposto militare, utile “cuscinetto” difensivo verso oriente, fu presto impoverito delle sue principali risorse. Le coltivazioni distrutte dalle guerre, gli animali da allevamento requisiti, le foreste disboscate. Venezia debellò così il potere politico ma mantenne inalterati i diritti feudali, conservando la situazione esistente durante il Patriarcato, tanto da incidere solo superficialmente sulle tradizioni e gli usi dei friulani. Nel 1472, i Turchi, si spinsero fino a Monfalcone, quindi nel 1477 saccheggiarono la bassa friulana. L’incursione più violenta sarà però quella del 1499 quando i Turchi, nonostante l’eroica difesa di compagnie “rustiche” , bruciarono 132 villaggi friulani. Lutti e miseria continueranno anche nei decenni successivi in seguito allo scoppio (1508) della guerra tra la Serenissima Repubblica e l’armata dell’Imperatore Asburgico Massimiliano I° d’Austria. Il conflitto segnerà anni di povertà e porterà alla luce antiche tensioni e rivalità tra nobili feudatari, contadini e piccola borghesia. Particolarmente nefasto fu il 1511 che oltre alla rivolta del giovedì grasso, vide il Friuli colpito dalla peste quindi da un terremoto di devastate potenza. Queste concause porteranno alla distruzione ed alla decadenza di numerosi castelli, molti dei quali non arriveranno mai ai giorni nostri. La guerra continuò con alterne vicende quando nel 1514 il Friuli tornò ai veneziani e la Contea di Gorizia con Gradisca andò alla Casa d’Austria. La fine del conflitto determinerà, così, la triste spartizione del Friuli fra le due “superpotenze”. Nel 1593 viene fondata la fortezza di Palma (Palmanova) e proprio da qui cominciò la nuova campagna veneziana contro gli austriaci (Guerra di Gradisca). Nel 1616 Gradisca viene assediata senza successo dall’esercito veneziano. Il conflitto terminerà, dopo alterne vicende, con un armistizio nel 1617, senza la mutazione dei confini preesistenti. Nel 1751 il Patriarcato di Aquileia sarà soppresso da Benedetto XIV ed al suo posto erette le Arcidiocesi di Udine e di Gorizia. Venezia accerchiata dagli austriaci e dai francesi stava capitolando. Il 17 ottobre del 1797 con la Trattato di Campoformio (dizione veneta di Campoformido) Napoleone cedeva il Friuli all’Austria, per poi riprenderselo nel 1805 incorporandolo nel Regno Italico insieme a Gorizia e Gradisca (1809). Con il Congresso di Vienna (1815) il Veneto, il Friuli e parte della Lombardia andarono a costituire il Regno Lombardo-Veneto sotto il controllo austriaco. Pochi anni più tardi (1838) il mandamento di Portogruaro, da sempre friulano, sarà assegnato alla Provincia di Venezia, quindi il Comune di Sappada alla Provincia di Belluno (1852). Il 26 luglio 1866 truppe italiane entravano a Udine accolte dalla classe dirigente locale. I contadini rimasero indifferenti da questa nuova “invasione”, forse non a torto, visto che in poco tempo l’esercito “liberatore” cominciò ad italianizzare tutti i toponimi locali. A partire dal 1858 l’industria serica (la principale industria friulana del tempo) subì una gravissima crisi, tale da costringere molti contadini ad emigrare all’estero. Saranno così oltre 90.000 i friulani che lasceranno la “madrepatria” tra il 1885 ed il 1914. I confini cambiarono nuovamente allo scoppiò della prima guerra mondiale (1914) che farà ancora una volta del Friuli un sanguinoso campo di battaglia. Dopo alterne vicende il 3 novembre 1918, l’Italia usciva vittoriosa dal conflitto. Il Friuli veniva così finalmente riunificato. Questo purtroppo sarà l’unico vantaggio di una terribile guerra che distrusse completamente il sistema economico friulano determinando così un irrimediabile ritardo di sviluppo nel confronto delle altre regioni italiane.