9 giugno 1588

Viene posata la prima pietra del ponte di Rialto. La data precisa non è però certa, perché alcune cronache fanno anticipare l’inizio dei lavori al mese di marzo. Si tratta, oltre che di uno dei monumenti simbolo più noti di Venezia, anche di un’opera colossale, soprattutto se rapportata ai tempi: un’arcata di 28 metri che permette anche alle imbarcazioni più grandi di passarvi sotto e una fondamenta di palafitte in olmo e larice; una vera e propria meraviglia dell’ingegneria del ‘500. Ma perché venne chiamato Rialto? Quando fu costruito il primo ponte venne chiamato così perché vicino al rione Rivalto, cioè “riva alta”. Pare che nel 1181 Nicolò Baratieri ne avesse realizzato un altro che, secondo una delle versioni riportate, fu chiamato ‘Quartarolo’ (dal nome della piccola moneta che si spendeva per attraversarlo), oppure secondo un’altra, ‘della moneta’ per la sua vicinanza alla Zecca di Stato.Verso la metà del XIII secolo il ponte di barche venne sostituito da una più solida struttura, sostenuta da pali. Nel 1310 i congiurati della rivolta di Baiamonte Tiepolo, per coprire la loro ritirata, una volta sconfitti e messi in fuga, ne distrussero una parte.Il ponte fu restaurato, ma nel 1444 crollò sotto il peso della folla accorsa al passaggio del corteo nuziale del Marchese di Ferrara. Ricostruito sempre in legno, più largo e con una porzione mobile al centro per consentire il passaggio delle imbarcazioni con alberatura, vide fiorire ai lati attività commerciali e botteghe che pagavano un affitto alla Tesoreria di Stato, utilizzato in parte per la manutenzione del ponte stesso. Conosciamo l’aspetto di questo manufatto in legno da un dipinto di Vittore Carpaccio della fine del XV secolo e dalla famosa mappa panoramica di Venezia di Jacopo de’ Barbari del 1500. Ai primi anni di quel secolo fu restaurato dall’architetto Giorgio Spavento. Le notevoli cifre necessarie per la manutenzione del ponte di legno convinsero la Repubblica nel 1554 a indire un bando per la sua sostituzione con uno di pietra. Alla gara parteciparono i più famosi architetti del tempo, tra cui Michelangelo, Palladio e Sansovino. La questione più spinosa riguardò l’opportunità di rendere agibile lo spazio sottostante per il passaggio delle grandi imbarcazioni che trasportavano le merci per il mercato e per lo stoccaggio nei vicini fondachi. Anche eventi drammatici, come la pestilenza del 1576 e l’incendio di Palazzo Ducale del 1577, concorsero a dilatare il tempo tra il progetto e la sua realizzazione. Dopo molte discussioni e polemiche si decise di scartare i vari progetti per realizzare quello dell’ingegnere veneziano Antonio Da Ponte, pensato con un’unica arcata di sostegno in modo da permettere agevolmente il transito in Canal Grande. A prima vista la nomina di Da Ponte, che allora aveva circa settantotto anni, poteva sembrare sorprendente perché era meno colto dei suoi colleghi; ma il suo mirabile restauro del Palazzo Ducale dopo l’incendio, aveva favorevolmente impressionato i funzionari veneziani. La costruzione vera e propria ebbe inizio però solamente nel 1588 sotto il dogado di Pasquale Cicogna, osteggiata in tutti i modi dai proprietari delle botteghe collocate sul ponte che vedevano minacciati i loro interessi economici e le loro attività commerciali. Per la sovrastruttura del ponte furono Benedetto Banelli e Antonio a realizzare i modelli delle balaustre e della cornice. I lavori si conclusero con successo nel 1592, ma questo non bastò a sopire le polemiche e a silenziare i detrattori. Era costato davvero un sacco di soldi: più di 250.000 ducati, come scrisse nella sua guida cartacea edita a Venezia Francesco Sansovino. Ma diventò subito uno degli edifici più iconici della città. La struttura in pietra si rivelò talmente solida che nuovi restauri si resero necessari solo quasi centocinquant’anni dopo, nel 1738. E il ponte è stato fino al 1854, quando fu eretto quello dell’Accademia, l’unico modo per attraversare il Canal Grande a piedi: o meglio, il Canalazzo, come lo chiamano i veneziani. Del Ponte di Rialto si cominciò a vociferare che i ritardi fossero da addurre a cause ben più misteriose rispetto alle sopracitate, dando vita a uno dei più inquietanti miti veneziani. Si narrava infatti che la costruzione dell’opera fosse ostacolata dal Diavolo in persona. In cambio del suo benestare alla prosecuzione dei lavori, questi pretese da Antonio da Ponte che gli venisse consegnata l’anima del primo essere vivente che lo avesse attraversato. Per il bene della città, Antonio fu obbligato ad accettare, ma nel frattempo architettò un piano per aggirare la promessa: il giorno dell’inaugurazione del ponte avrebbe liberato un gallo facendo in modo che questo passasse per primo. Il Diavolo venne però a sapere dell’inganno escogitato da Antonio e si vendicò presentandosi sotto mentite spoglie alla moglie incinta dell’architetto ed esortandola a raggiungere di corsa il marito a causa di qualche urgenza. Ella si precipitò a cercare Antonio e vistolo sulla sponda opposta del Canal Grande si fiondò oltre il ponte appena ultimato. Fu così che il Diavolo s’impossessò della sua anima e condannò quella del nascituro a vagare per secoli senza riposo. La voce popolare vuole che due curiosi capitelli, visibili dal Ponte, siano stati scolpiti per prendersi gioco di quanti criticavano l’opera del costruttore. Un uomo che con espressione popolare aveva detto “sarà realizzato quando questo (indicando le sue parti intime) metterà l’unghia” è ritratto con una escrescenza unghiata tra le gambe. Una donna che invece prometteva di farsi bruciare il basso ventre, se e quando avesse visto il completamento dell’opera, è stata immortalata accovacciata sulle fiamme.


9 giugno 1831

Si apre a Padova il Caffè Pedrocchi. Nacque dall’incontro di due grandi talenti: quello imprenditoriale di Antonio Pedrocchi e quello architettonico di Giuseppe Jappelli. Il primo riuscì in pochi anni a trasformare la piccola bottega del caffè lasciatagli in eredità dal padre in un edificio neoclassico ora famoso in tutto il mondo. Il secondo concentrò tutta la sua esperienza e creatività nell’ideazione e nella realizzazione di un concentrato di ardimenti artistici e influssi massonici di eccezionale originalità. Antonio Pedrocchi fece fortuna con la torrefazione del caffè e decise poi di investire i suoi guadagni nell’ambizioso progetto dell’amico architetto. Tuttavia volle suddividere il suo stabilimento in due zone ben distinte: il Caffè, aperto ventiquattrore al giorno, pronto ad ospitare chiunque, dal viandante affaticato all’uomo d’affari di passaggio; e il Ridotto, riservato alla crème della società padovana, luogo di feste, balli, ma anche di riunioni massoniche, di incontri di business, uno spazio per trattative commerciali esclusivo, regale, nel cuore del centro cittadino. Nel 1842 le sale del piano nobile erano ultimate e si pensò bene di inaugurarle con il IV Congresso degli Scienziati Italiani: era un avvenimento importantissimo, che poneva le basi per l’unità culturale della penisola mentre ancora si combatteva per quella politica. L’affresco della Sala Greca si stava ancora asciugando, quello sul soffitto della Rinascimentale era in via di ultimazione, ma le splendide decorazioni volute da Jappelli erano già tutte presenti ed offrivano uno spettacolo incredibile agli occhi degli scienziati accorsi al congresso. Fu l’ultima grande opera del geniale artista veneziano, che trovò la morte l’otto maggio 1852. Il 22 gennaio dello stesso anno era spirato Antonio Pedrocchi il quale, nella volontà di affidare a persona di fiducia il suo Caffè, aveva adottato Domenico Cappellato, figlio del suo fedele garzone Giambattista. Quest’ultimo fu attento custode dell’eredità del padre putativo, nonostante cedesse la gestione a terzi. Poco prima di morire, Domenico Cappellato decise di lasciare in dono lo Stabilimento ai “concittadini, rappresentati dal Comune di Padova”. Ma non era certo sua intenzione lasciare che il Caffè diventasse un monumento da mettere sotto teca, anzi, il testamento recita: "obbligo solenne e imperativo […] di conservare in perpetuo, oltre la proprietà, l’uso dello Stabilimento, come trovasi attualmente, cercando di promuovere e sviluppare tutti quei miglioramenti che verranno portati dal progresso dei tempi, mettendolo a livello di questi e nulla trascurando, onde nel suo genere possa mantenere il primato in Italia".