INDOVINELLO VERONESE
L’Indovinello veronese è una delle prime testimonianze del volgare italiano e consiste in una breve scritta aggiunta, fra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo, su un codice spagnolo che già da tempo si trovava a Verona. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il copista volesse in realtà scrivere in latino e che, per distrazione o scarsa cultura, abbia invece utilizzato volgarismi. Altri studiosi, invece, sottolineano che la conclusione dell’Indovinello veronese è in perfetto latino e questo contrasta con l’ipotesi che il copista non abbia volontariamente usato il volgare.


Indovinello veronese
Testo originale
Il testo originale dell’Indovinello veronese era scritto senza spazi fra le parole:

Se pareba boves, alba pratalia araba,
(et) albo versorio teneba, (et) negro semen seminaba.
Gratias tibi agimus omnipotens sempiterne deus.

Il cui significato in italiano è:
Spingeva avanti i buoi, arava bianchi prati,
teneva un bianco aratro, seminava un nero seme.
Ti rendiamo grazie onnipotente sempiterno dio.

Il testo dell’Indovinello veronese mostra che in quel periodo stava avvenendo una trasformazione linguistica. Si possono infatti rilevare forme latine (“boves”, “semen”) affiancate da fenomeni come la caduta delle consonanti finali delle desinenze latine (in “pareba”, “teneba”, “seminaba” è caduta la “t” finale presente in latino; “albo versorio” in latino doveva essere “album versorium”, così come “negro” doveva essere “nigrum”) e come la trasformazione di alcuni suoni (la “i” latina di “nigrum” diventa “e”). L’indovinello consiste nell’interpretazione delle varie equivalenze: i buoi rappresentano le dita di chi scrive, i bianchi prati sono i fogli di carta sui cui scrivere, il bianco aratro è la penna e il seme nero l’inchiostro.